The History of the Damned One

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The Hush
view post Posted on 29/7/2008, 12:22




Dopo lunghe e complesse elucbrazioni ho deciso di postare qui la storia che sto scrivendo.
Storia molto fantarealistica di un tipo che.. :ph34r:

Me lo sono dimenticato! ha! vi tocca leggere.
Posto tutti i capitoli scrtti finora, in un unico post, questo! poi man mano che arrivano ve li sgancio, di solito ogni 1-2 giorni ehe..

enjoy!

-----The History of the Damned One-----
© Copyright 2008 TheHush, all rights reserved
Ogni riferimento a fatti, cose o persone reali è puramente casuale.


--Flashback--

"come lo sei diventato? voglio saperlo".. Solo questo disse la ragazza avvolta nel suo vestito scuro.

Le braccia chiuse attorno al corpo, come per riparararsi dal freddo della sera, Il volto segnato dal trucco nero sciolto dalle lacrime, un'espressione di sorpresa mista a paura..Non riusciva a credere che stava avendo quella discussione, con quella persona, dopo così tanto tempo.

Ma soprattutto quasi non credeva a quello che gli stava dicendo..

"Vuoi saperlo veramente?" rispose quella persona..un ragazzo, uno come tanti, un diciannovenne qusi giunto agli ultimi anni del suo sviluppo, molto alto, sfiorava il metro e 90, spalle larghe, e grandi braccia muscolose, forse troppo per la sua età, e un'espressione grave sul volto, che denotava un grande male interiore. Ma quel volto, uno come tanti, incorniciato da folti capelli castani ispidi, aveva qualcosa in più negli occhi..
Erano completamente neri..non un colore, non un segno di vita..erano neri come la notte..

.."si"..solo questo rispose lei ..si..

"è stato mesi fa..sei, forse sette..Non ricordo" Disse il ragazzo. E così iniziò la sua storia..


---Pioggia e Web---

piove, dannazione sempre e solo acqua, stramaledettissima acqua..ormai è più di una settimana che piove ininterrottamente, si sta allagando tutto..

Questo pensava Max guardando il paese ingrigito dalla pioggia fuori dalla finestra di camera sua.

Era ormai sera, una delle tante sere in cui si trovava solo a casa mentre i suoi genitori erano fuori per lavoro. Era stato tutto il giorno al pc, da giorni non aveva voglia di uscire per via della pioggia incessante e passava il tempo in internet cercando qualcosa di interessate che facesse volar via quelle ore.

Anche quel pomeriggio sembrava essere ormai passato come tutti gli altri all'insegna della noia, quando ad un certo punto la sua attenzione fu attirata dal pc. Più precisamente da una pagina web, ma no dalla pagina in se, ma da un piccolo banner pubblicitario con una scritta rossa pulsante, che pareva incisa nella pagina con un punteruolo. La scritta comprendeva solo 2 parole, molto semplici, ma al tempo stesso inquietanti: "black magic" disse leggendo ad alta voce.."magia nera..strana pubblicità per un sito" continuò..

Pensò fosse una presa in giro, ma decise che non avendo nulla di meglio da fare si sarebbe anche potuto rivelare interessante apprendere qualcosa di più su quell'argomento che lo aveva sempre affascinato. Così cliccò sulla scritta rossa, immediatamente la pagina bianca che prima aveva di fronte ai suoi occhi cambiò colore..Si tinse di nero, ma non un nero qualunque, sembrava assorbire quasi ogni fonte di luce attorno a se, come se tendesse a creare altro nero, altro buio..
Proseguendo col caricamento della pagina apparvero altre scritte, più o meno piccole, qualche menù e collegamento ad altre pagine del sito. Tutti i caratteri erano gli stessi del banner, piccole o grandi lettere rosse pulsanti incise nella pagina, come se qualcuno avesse voluto imprimere a forza quelle parole.

Subito notò qualche stranezza nella pagina, stranezze nel vero senso della parola..Nella barra degli indirizzi che di solito accoglieva il link della pagina non c'era nulla. Era bianca, vuota, immacolata..
Seconda stranezza era la completa assenza di immagini, di solito un sito che trattava quel genere di argomento sarebbe stato pieno zeppo di pentacoli e simboli mistici, del tutto assenti però in questo.
Terza stranezza era un contatore di visite come se ne vedevano molti, che segnava il numero di visitatori attuali, e il numero di visite ricevute in un dato arco di tempo. Quello che segnava le visite nell'arco di tempo di un'anno portava la dicitura "zero", mentre quello delle visite attuali..la cosa lo inquietò..c'era scritto "TU".

Passata l'inquietudine del contatore, che immaginò fosse posto li al solo scopo di intimorire chi visitava il sito, iniziò a scorrere le pagine e i link del sito. Notò che quasi tutto il sito era incentrato sulla storia di un libro, un libro che a quanto si diceva in quelle pagine fosse stato il primo libro basato sulla cutura magica in generale, ma più sulla magia nera, l'occultismo, le evocazioni e cose simili. Si diceva fu tramandato di civiltà in civiltà e continuamente aggiornato, iniziato a scrivere nelle prima epoche romane, continuato nel medioevo da streghe e maghi famosi fra gli occultisti, fino all'età moderna. Doveva essere un bel tomo pensò max, stando alle informazioni del sito attualmente se ne erano perse le tracce dopo la seconda guerra mondiale, le ultime notizie riportavano che hitler stesso ne fosse a conoscenza e lo cercasse, essendo un fanatico della cultura esoterica e lo volesse dalla propria parte come arma per sconfiggere tutte le potenze che si opponevano a lui.

Continuando fra le pagine che descrivevano sommariamente cosa dovesse contenere il libro, cose come formule magiche da banali a magia che poteva controllare l'essenza degli elementi stessi, grandi verità come l'ubicazione della porta dell'inferno (ciò scatenò in max un ghigno, fanatismo e fantasia oltre i limiti pensò) e tanto altro. Arrivato a una pagina max si soffermò sorpreso, non c'erano scritte, ma varie piccole immagini che potevano essere ingrandite cliccandoci sopra, erano immagini di pergamene.
Max le scorse una per una, tutte le immagini raffiguravano disegni di un libro, un libro apparentemente enorme, pareva rilegato in materiale sconosciuto, nero come la notte a quanto si evinceva dal disegno, doveva essere enorme davvero, poichè sulla copertina, sul taglio, e probabilmente sul retro, correvano delle placche che dovevano essere di ferro battuto fissate a delle cerniere sul taglio, le quali evidentemente servivano a rinforzarlo e tenerlo saldamente assieme, e terminavano con una parte sporgente fuori dal bordo del libro a forma di anello, che si andava ad incastrare con un'altro anello più grande sporgente dalle placche inferiori formando nell'unione un terzo anello in cui era fissato un grande lucchetto privo di serratura.
Sulle placche erano incisi fitti simboli runici, ne erano piene ovunque, e max non aveva la più pallida idea di quello che significassero, mentre sulla copertina al centro vi era un solo simbolo, un semplice pentacolo con un cerchio attorno, "tipico" si disse max ad alta voce.

Ma qualcosa non tornava nella mente di max.

"quel libro lo conosco" disse ad alta voce. ed era vero, lo aveva visto, mesi prima in una gita scolastica a praga, quel libro giaceva impolverato in un museo, ma più si sforzava di ricordare più le immagini gli scivolavano dalla mente. Sentiva le vaghe parole della guida: "il più grande libro rilegato del mondo..mai aperto..nessuna tecnologia moderna..spezzare quei lucchetti..si dice che assieme alle statue sul ponte carlo protegga la città dalle inondazioni della moldava.." questo non basta! si disse max..così aprì un'altra pagina web e cercò informazioni sul libro, che non tardarono ad arrivare, cercò immediatamente una foto e subito gli apparve li di fronte: enorme!

Lesse le informazioni a voce bassa, come per convincersene: "alto 120 cm..largo 60..spesso 20, pesante più di 100kg..rilegato in pelle nera..il pentacolo..le placche di ferro battuto e inciso con gli anelli ad incastro e quei lucchetti enormi che effettivamente non avevano serratura, se non inciso un piccolo pentacolo come sulla copertina.."

Tutto corrispondeva come nelle foto delle pergamene!


---Il libro---


Ancora non voleva credere a quelle immagini. Esisteva veramente il libro mastro dell'occultismo, il primo libro sulla magia, il libro desiderato da hitler, il primo libro mai scritto sull'esoterismo. Ma era veramente quello che il sito descriveva? Max stentava a crederci, nonostante fosse di mentalità molto aperta.

Eppure era li, in bella mostra, esposto in un museo a praga. Stando alle informazioni della pagina il libro giace in quel museo dal 1950, poco dopo la fine della grande guerra, da allora e stato tentato ogni modo per aprire o spezzare quei lucchetti, che però sono rimasti intatti come quando furono forgiati nella notte dei tempi.

"Dunque nessuno sa cosa vi sia scritto al suo interno"..la storia lo solleticava.."e potrebbe essere veramente"..scacciò via quel pensiero, nonostante le prove abbastanza evidenti si rifiutò di crederci.
Ma la natura curiosa dell'essere umano, unita all'innata voglia di sapere che era in max era una forza troppo grande da contrastare. CHiuse la pagina sul libro esposto a praga e tornò sul sito oscuro, ormai così lo chiamava già, ma nonappena l'altra pagina si aprì ebbe una sorpresa..Non c'era nessun sito oscuro nella seconda finestra, non c'era la pagina dei disegni che aveva lasciato pochi minuti prima, al suo posto c'era una pagina con un breve testo scritto con quei caratteri inquietanti.

Un attimo colto alla sprovvista max non seppe che fare, ma poi lesse, e quelle parole lo colpirono come una martellata. "la chiesa.." si disse..il testo era composto da non più dieci di righe, nelle quali si diceva che la chiesa dalla sua nascita era alla ricerca di quel libro "impuro" per distruggerlo, per millenni lo cercò invano per tutta l'europa, e poi il link a una pagina, max lo cliccò, e il sito oscuro scomparve immediatamente, lasciando spazio a una pagina scritta in inglese, la home page del museo che ospitava il libro.
Gli venne un tuffo al cuore..non per molto..il libro era stato acquistato dalla città del vaticano perchè ritenevano di avere un modo per aprirlo e volevano esporlo nei musei vaticani..

Max non credette nemmeno a una parola di quello che il testo diceva..Già solo perchè aveva incisi rune e pentacoli la chiesa avrebbe fatto qualunque cosa per farlo sparire o peggio, distruggerlo. Mai avrebbe esposto una simile impurità religiosa nei suoi musei. Se poi quello che il sito oscuro diceva era vero, quel libro era in pericolo.
Cercò altre informazioni, che non tardarono ad arrivare: il libro era ancora a praga, ma sarebbe stato trasferito per via aerea il..4 giugno! fra meno di 6 giorni!

Li per li gli venne idea di rubare il libro prima che gli ecclesiastici ne entrassero in possesso..ma poi si fece strada un pensiero.."un libro di 120x60?? pesante più di un quintale?? e dove me lo piazzo, sulle spalle??"..

Un'altra vittoria per la chiesa pensò..diamine, un librò così, sopravvissuto per millenni, contenente chissà quali informazioni sconosciute, che presto sarebbe stato occultato per sempre o distrutto. Gli piangeva il cuore..Decise di farla finita li per quella sera, era ormai notte inoltrata, era rimasto ore e ore al pc a cercare informazioni su quel libro, e troppi pensieri gli affollavano la mente. Chiuse tutte le pagine, spense il pc, e si ritirò nei suoi sogni poco dopo.


--Notte bianca--

Si svegliò nel cuore della notte, di soprassalto, sudato per il calore e teso per via di un rumore che proveniva dalla stanza accanto, che disturbava il suo sonno da ore e ore, divenuto ora però così acuto da farlo svegliare.

Prese il cellulare dal comodino e guardò l'ora, le 02:17. Dio ma che mai sarà questo rumore, pensò..
Era un ronzio, prima lieve, sopportabile, poi divenuto sempre più forte, tanto da farlo svegliare. Era intimorito, poteva essere qualunque cosa, essendo solo in casa gli venne subito in mente l'idea dello scassinatore, così si alzò, cercò a tentoni sul muro una piccola rastrelliera e da li prese una spada che i suoi genitori gli avevano portato da un viaggio, sarà stata da collezione, ma era estremamente affilata.

Aggirò il letto, attento a camminare poggiando prima le punte e poi gradualmente tutto il resto del piede a terra, in modo da non far rumore, e così raggiunse la stanza da dove proveniva il rumore, la stanza dove si trovava il pc, "l'ufficio", come lo chiamava.
Sbirciò dentro, con la spada stretta in mano, ma dentro non c'era nessuno, eppure c'era quel ronzio, che finalmente riconobbe: era la ventola di raffreddamento del pc.

Subito si domandò come potesse essere acceso, lui l'aveva sicuramente spento, non riavviato o altro. Pensò all'ipotesi di virus, ma un virus che ti accende il pc? non credeva esistesse ancora. Si avvicinò lento e mosse il mouse per uscire dalla modalità stand-by, non solo il pc era acceso, ma era connesso a internet e c'era una pagina aperta.

Si sedette sulla sedia, poggiò la spada sulle sue gambe, e osservò la pagina. Sembrava la pagina di un quotidiano informativo della rete, come se ne vedono tanti, incuriosito e assonnato diede una scorsa ai titoletti, tutte cose noiose, riguardanti opere d'arte di tutto il mondo, prestiti fra musei, acquisti, tutta robetta noiosa. Stava per addormentarsi sulla tastiera quando un pensierò lo svegliò: "trasferimenti di opere? acquisti di opere?" si disse sommessamente, scorse la pagina quanto più velocemente i suoi occhi riuscivano a leggere, finchè verso metà trovò ciò che immaginava: un articolo sul libro.
Era molto più dettagliato di quello che aveva letto ore prima, anche troppo per un sito del genere, forniva gli orari precisi di arrivi e partenze dell'aereo, dati sulla scorta di guardie svizzere che avrebbe accompagnato il libro dall'aereoporto allo stato vaticano, persino dati sull'aereo da trasporto privato molto anonimo che sarebbe stato usato.
Quella pagina non si sarebbe potuta aprire da sola, non poteva nemmeno esistere una pagina così, sembrava un piano estremamente organizzato di una persona che voleva prendere illegalmente possesso di quel libro.
Per la seconda volta notò che anche quella pagina non aveva indirizzo, la barra era di nuovo bianca, vuota.
Non poteva essere una coincidenza. Ormai il sonno lo aveva completamente abbandonato, era sveglio e attento, anche se i riflessi erano lenti, l'orologio del pc segnava le 05.30, era rimasto li parecchio fra sonno e realtà, decise che avrebbe esaminato la pagina di fronte a una bella colazione, così accese la stampante e stampò tutte le pagine riguardanti quel "piano", e nel giro di un minuto già aveva finito, "solo 3 fogli?" si domandò quasi deluso, immaginava che ci fossero pagine e pagine, e invece..
Prese i fogli, chiuse tutte le finestre sul pc e lo spense, poi andò nella sua stanza, rimise la spada nel fodero e la poggiò di nuovo sulla rastrelliera, contento di non averla usata. Si mise su un paio di jeans e una polo, poi fogli alla mano scese al piano di sotto, deciso a schiarirsi le idee su quel "piano" di fronte a un buon the bollente.


--La decisione--

Max vagava per la cucina nella semioscurità, con la sola luce della cappa aspirante accesa, amava il buio, lo preferiva alla luce. Poggiò i fogli sul tavolo e si mise ad armeggiare con un pentolino e i fornelli. Mise un po d'acqua nel pentolino che successivamente mise a scaldare sul gas. Da una dispensa tirò fuori una piccola scatola di carta, da cui prese una bustina di te, la ritirò e mise la bustina sul tavolo, preparando poi tazza, zucchero e cucchiaino.

Si sedette su uno sgabello, in attesa che l'acqua bollisse si guardava intorno, guardava la sua casa. Quella mattina stranamente osservava con quanta cura sua madre avesse ricercato ogni particolare per rendere quell'ambiente un misto di rustico antico e classico, un ambiente caldo e accogliente, non come quelle case moderne in cui ogni cosa e fatta di sterile e freddo acciaio, dai colori gelidi e chiari, li era tutto in legno, i colori variavano in ogni tonalità dal caldo al freddo, dando una sensazione di benessere e comodità.

Pensando a quello nemmeno si accorse che già l'acqua bolliva e sentendola borbottare sommessamente si risvegliò dai suoi pensieri spense il fuoco e mise in infusione la bustina di the.
Mentre l'essenza delle foglie secche e finemente tritate si diffondeva nell'acqua dandole una bella tonalità ambrata max si mise a leggere i fogli stampati poco prima.
Notò che si trattava di informazioni davvero molto accurate, più simili a documenti redatti da qualcuno che spiava le operazioni del museo e del vaticano, piuttosto che ad articoli scritti per la comunità virtuale.
Aspettò che il the fosse pronto, lo versò in una tazza, e una volta zuccherato ne bevve un piccolo sorso, per saggiarne la temperatura. Una volta che iniziò a bere prese ad analizzare attentamente i documenti stampati, per lo più parlavano del trasferimento una volta giunto in italia, si diceva poco del trasferimento dal museo all'aereoporto, orari di partenza a parte. Secondo i documenti sarebbe partito da praga
alle 06:00 la mattina del 4, per arrivare a fiumicino alle 09:00, l'aereo sarebbe stato un piccolo velivolo a elica adibito al trasporto, per questo era così lunga la durata del volo pensò, sull'aereo si trovavano pilota e due guardie armate, si ricordò della polizia di praga che non era delle più intransigenti, figurarsi delle guardie armate pagate dal vaticano.
Una volta atterrato il libro sarebbe stato custodito in un hangar della pista fino a tarda notte, per poi essere trasferito nel massimo riserbo a bordo di un furgone fiat nero blindato, uno di quelli usati dalla polizia penitenziaria.
Max si chiese il perchè di questa attesa per il trasferimento, non capiva perchè non potevano trasferirlo subito senza farsi troppi problemi. Continuando lesse che il libro sarebbe stato custodito in una cassa d'acciaio sigillata, controllato da 3 guardie svizzere armate. Solo 3 pensò? fanno tutto questo sbattimento di trasporti e poi lo lasciano una notte quasi incustodido?
Poi si ricordò che le guardie svizzere erano uno degli eserciti più fedeli, motivati e preparati del mondo, e che 3 guardie non erano poi da sottovalutare.

Era sempre più convinto che i momenti in cui il libro rimaneva in giacenza in quell'hangar erano ideali per prenderne possesso, ma il pensiero di 3 guardie svizzere motivate e armate fino ai denti era un'ottima arma dissuasiva, e poi i fogli non citavano altre informazioni utili.

I minuti passavano veloci, quasi come se una mano invisibile girasse le lancette del tempo, max aveva finito il the da un pezzo e passeggiava per la casa annoiato guardando la televisione distrattamente. Ogni volta che si muoveva la sua attenzione cadeva inevitabilmente su quei dannati fogli, erano ormai le 10:15 del primo giugno, fra 3 giorni il libro sarebbe stato trasferito, e irrimediabilmente perso.

"oh diamine al diavolo tutto!!" gridò come per svegliarsi da un'incubo, prese il cellulare, aprì la rubrica e la scorse velocemente cercando un numero che chiamò..
Squillava..Squillava..i secondi passavano, inesorabili nel silenzio, rotto solo dal sommesso suono dell'altoparlante del cellulare, alternato al basso volume della tv.

Poi la risposta, "pronto?" disse una voce maschile all'altro apparecchio, "luca, sono io max, ho bisogno di te, mi serve qualche giocattolo, giocattolo col botto.." solo questo disse max. Silenzio dall'altro apparecchio, "quando?" rispose l'interlocutore, "oggi" disse max. Di nuovo silenzio, come se l'amico dall'altra parte stesse soppesando pensieri e parole, poi rispose "alle sette stasera, verrò io da te" e mise giù.


---Posta---

Alla fine la decisione era presa, avrebbe fatto il possibile per salvare quel libro dalle grinfie del vaticano, fosse o no quel fantomatico libro sulla magia oscura non gli importava.
E voleva farlo nel più sicuro dei modi, sicuro di non fallire, per questo si era affidato a luca, un suo compagno di studi, che poteva procurargli qualunque cosa chiedesse, per qualunque evenienza. Ovviamente ogni cosa ha il suo prezzo, ma non erano di certo i soldi il problema.
Chissà cosa gli avrebbe preparato per quell'occasione, non era mai stato così impaziente e curioso di scoprirlo.
Nell'attesa dell'ora dell'incontro mise via i documenti sul 'piano' e andò in un'altra stanza della casa, la 'stanza delle scarpe' come la chiamavano lui e i suoi familiari, una piccola stanzetta dove conservavano scarpe, vestiti e la roba per rassettare e stirare, una sorta di lavanderia.
Le pareti laterali erano coperte da due enormi armadi, nella parete di fronte c'era un piccolo mobile contenente le scarpe di tutta la famiglia e alla sua destra un attaccapanni con dietro un quadro più alto che largo, molto alto, arrivava a terra.
Max staccò il quadro dalla parete, dietro vi era una cassaforte chiusa da combinazione elettronica, chiave e persino scanner per impronte digitali.
Max inserì la combinazione, la sua data di nascita 050589, poi mise il suo pollice sullo scanner per le impronte, che accese un led verde a conferma del riconoscimento e infine mise la chiave nella toppa e con parecchie mandate sbloccò completamente la serratura.

Aprì la porta e stette un attimo ad ammirare la fortuna che giaceva li dentro, banconote di grosso taglio, gioielli di famiglia, titoli azionari, buoni del tesoro, atti di proprietà, tutto li dentro, ma non solo, perchè in banca vi era molto, molto di più, in casa si teneva solo il necessario.
Finito di ammirare il patrimonio prese dal primo dei cinque ripiani molti biglietti da 500 euro che raccolse in diverse mazzette, ci saranno stati più di 20.000 euro nelle sue mani, 'una briciola' pensò confrontando ciò che aveva in mano con quello che c'era in cassaforte o in banca.
Una volta raccolto abbastanza denaro chiuse la porta della cassaforte e aspettò che tutti i sistemi di chiusura bloccassero la pesante porta in acciaio, poi rimise il quadro al suo posto e si diresse in cucina, con i soldi in un sacchetto di tela marrone, 'di quelli che ti danno al supermercato' pensò ridendo fra se e se...

Guardò l'orologio appeso vicino alla porta di ingresso che dava sul cortile "le due" disse a mezza voce. "cinque ore ancora da aspettare". Pensò che doveva mangiare qualcosa, ma non aveva molta fame, così aperto il frigorifero guardò dentro e tirò fuori qualche pacchetto contenente salumi e un po di formaggio a fette. Chiuso il frigo andò alla dispensa e tirò fuori del pane già affettato e cominciò a prepararsi dei panini con diverse combinazioni di salumi e formaggio. una volta finito ritirò tutto e si mise a sedere su uno sgabello alto vicino al tavolo della cucina e iniziò a mangiare lentamente, in silenzio, guardando ogni tanto il cielo fuori dalla porta-finestra della sala che andava a ingrigirsi sempre di più minacciando piggia e tuoni a non finire.

I minuti passavano lentamente mentre mangiava i suoi panini, finito il secondo si alzò per prendersi da bere quando il sonoro squillo del campanello quasi gli fece venire un'infarto. Maledicendo chiunque avesse suonato in quel momento andò alla finestra in cucina e guardò fuori, vide solo una figura nera coperta da un'impermeabile montare su un furgone e sgommare via sull'asfalto bagnato della strada in salita.
Non avendo idea di chi fosse e cosa volesse prese le chiavi di casa e aprì la porta uscendo in cortile, si mise un paio di ciabatte e attraversandolo andò verso il cancello. Non notò nulla di anormale guardando a terra o sulla colonna che reggeva il campanello e su cui chiudeva il cancello stesso che Aprì per uscire in strada, sentendo che piccole gocce di pioggia iniziavano a battergli sulla testa e sul viso. Si guardò attorno, ma ancora nulla di strano appariva alla sua vista. Si girò per rientrare in cortile quando qualcosa attirò la sua attenzione, con la coda dell'occhio aveva visto qualcosa nella buca delle lettere.
Guardando meglio notò che al suo interno vi era una lettera. Cerco di afferrarla attraverso la fessura per inserirle ma non ci riuscì, così entrò in casa di corsa, prese le chiavi della cassetta e uscì di nuovo correndo, aprì la buca e tirò fuori la lettera che rimase ad osservare per parecchi minuti. Era molto strana, sembrava antica, molto antica, la busta non era di carta, ma sembrava piuttosto grezza al tatto, pareva pergamena, e inoltre era chiusa da un sigillo in ceralacca.
La cosa che però fece rimanere max a bocca aperta era il simbolo impresso sul sigillo. Un pentacolo con un cerchio attorno. Come quello sulla copertina e i lucchetti del libro. Chiuse il cancello e attraversò il cortile con gli occhi fissi sulla lettera, entrò in casa e una volta serrata la porta la poggiò sul tavolo. Rimase parecchi minuti a guardarla, con quel rosso sigillo ignoto al centro, poi decise che era meglio mangiarci sopra, e si tuffò di nuovo sui suoi panini.

--La lettera--

Finiti i panini max si concesse qualche minuto per pensare. Pensava alla lettera ancora sigillata davanti a lui, pensava a chi potesse appartenere quel sigillo, pensava a chi avesse potuto consegnarla.
Soppesò per un attimo la possibilità di non aprirla proprio, ma poi scartò immediatamente l'ipotesi, la curiosità era troppa.
Prese la lettera in mano, saggiandone di nuovo la superfice ruvida con i polpastrelli, poi la rigirò e solo allora si accorse che sull'altro lato era stato scritto qualcosa. Era una calligrafia fine e veloce, perfettamente dritta, con un carattere corsivo. Gli ci volle un attimo per capire la scritta, una parola, al centro perfetto della lettera.
'Maximilian', questo c'era scritto. Questo lo atterrì. Come poteva esserci quel nome sulla busta? Solo chi lo conosceva sapeva che Maximilian era il suo nome di battesimo, e dubitava che qualcuno dei suoi amici o familiari potesse reperire carta così antica e pregiata, e soprattutto la ceralacca e il sigillo da imprimervi sopra.
I sospetti aumentavano, girò la lettera, indeciso sul dafarsi. Era combattuto fra sospetti e curiosità, da una parte temeva il contenuto della lettera, dall'altra era impaziente di leggerlo.
Alla fine si decise, ruppe il sigillo in ceralacca e tirò fuori il contenuto, un singolo foglio della stessa pergamena della busta piegato in metà.

Lo spiegò e notò delle scritte, sempre in quella bella calligrafia fine. Si immaginava chissà quale contenuto, invece vi erano poche frasi.

In cima vi era una scritta: 'Memento audere semper', era latino, e si ricordava ancora il suo significato: 'Ricordati di osare sempre'. Poco sotto invece vi era una spece di poesia, non in latino, ma in italiano: 'dove la terra antica, madre della grande civiltà, il suo dito allunga al blu cielo, allo scemar della piena bellezza di selene ciò che brami per te si aprirà'. A primo impatto pensò che quello fosse l'unico arcaico scenario in cui i lucchetti del libro si sarebbero aperti, ma pareva strano, troppo. Sotto la poesia v'erano solo più 2 parole: cruor et sovetaurilia. Max non aveva idea del significato delle parole, ma velocemente lettera alla mano andò al pc che giaceva sulla scrivania in stand-by. Premette il tasto di avvio e lo schermo si accese immediatamente, un attimo per caricare e far avviare il modem e poi subito si tuffò in internet a cercare un dizionario latino.
Gli ci volle un attimo per trovarne uno decente, e una volta caricato inserì una alla volta le parole.
Per prima cruor, che scoprì significava sangue. Poi Poi passò a sovetaurilia, che significava sacrificio solenne.
Prese una penna e annotò le parole su un post-it, mise di nuovo il pc in stand-by senza scollegarlo dalla rete, poi scese in cucina di nuovo.
Si sedette sullo sgabello, poggiò la lettera sul tavolo e annotò sul post-it anche la poesia.
Tutto ciò gli dava da pensare. 'gli elementi..sacrificio solenne di sangue..' la cosa lo inquietava parecchio, però doveva ammettere che stava nascendo in lui una innata voglia di saperne sempre di più, di andare sempre più a fondo con la storia. E poi quella frase 'memento audere semper', ricordati di osare sempre, era come se fosse stata messa li appositamente per spingerlo a continuare.
Cosa che alla fine sapeva avrebbe fatto, oramai era in ballo, non si era nemmeno accorto che il pomeriggio era volato, e mancava meno di un'ora alle sette.
Continuava ad osservare quella lettera, come se sperasse che qualche altra parola in più spuntasse dal nulla. Si alzò come d'istinto e meccanicamente si diresse verso un piccolo mobiletto, aprì un cassetto e ne trasse una grossa lente d'ingrandimento. Una volta chiuso il cassetto tornò allo sgabello e prese ad esaminare la lettera più a fondo che mai sotto la lente.
Passava in rassegna ogni lettera delle scritte, cercando anomalie o quant'altro, ma se ce n'erano, erano invisibili persino ingrandite.
Inizò ad osservare ogni altra parte della lettera, i bordi, il centro, gli angoli, e finalmente trovò l'anomalia che voleva. Un pentacolo con un cerchio attorno nel centro perfetto del foglio. Si avvicinò di più al pentacolo e notò che all'interno del cerchio vi erano 5 rune, poste nei 5 spazi vuoti formati dalle punte del pentacolo. Non ne capiva il signfificato, però le annotò comunque sul post-it assieme al resto dell informazioni, oramai non ci stava più nulla li sopra, ed era una confusione unica, così decise di ricopiare tutto su un foglio più grande. Appena si alzò si accorse dell'ora: le sette meno cinque!
Luca sarebbe arrivato a momenti, si diresse veloce verso il ripiano dove si trovavano telefono penne e qualche bloc notes, da cui prese un foglio e li ricopiò tutte le informazioni scritte sul post-it.
Sempre di corsa poi prese la busta e dentro vi mise la lettera e il foglio con le informazioni, e poi buttò il post-it nell'immondizia.
Appena alzò la testa dalla pattumiera il campanello suonò.

--Preparazione--

Appena buttato il foglietto suonò il campanello, max intuì che fosse luca, sbirciò fuori dalla finestra accanto alla porta e vide un furgoncino nero, si era lui.
Uscì di corsa ad aprire il cancello e lo fece parcheggiare dentro.
Luca spense il furgone e poi scese. Max non potè fare a meno di sorridere vedendolo. Era la tipica espressione del metallaro fuori di testa, un poco più basso di lui, con lunghi capelli biondi che quasi gli coprivano il volto, uno spesso giubbotto di pelle nera borchiato, lunghi jeans strappati e degli enormi anfibi neri. Si salutarono stringendosi la mano, come quando non ci si vede da parecchio tempo.
"come va?" esordì luca
"bene, molto bene direi, e tu?". "Bene bene, allora.." fece una pausa. "Mi sembra di capire che tu abbia molta fretta e ti servano dei giochini.." .
"esatto, ci hai azzeccato in pieno" gli rispose max.
Senza una parola luca si girò ed aprì il portellone laterale del furgoncino, e tirò fuori due grosse casse che poggiò a terra, poi richiuse il portellone.
"andiamo in casa" disse max. Presero le casse ed entrarono, una volta dentro max poggiò la sua sul grande tavolo della sala e luca lo imitò.
"allora cosa mi hai preparato" domandò max con un sorriso.
luca non rispose, dispose le casse una a fianco dell'altra e poi le aprì.
Mostrava il loro contenuto orgoglioso, senza una parola, in quelle casse c'era un vero e proprio arsenale.
Poi prese a descrivere il contenuto:
"qui abbiamo 1.5kg di esplosivo plastico semtex di ultima generazione, ci puoi far saltare in aria una casa se ben piazzato, con incluso nel prezzo comando a distanza e 10 mini detonatori radio" detto questo indicò un mattoncino di quella che pareva creta, con a fianco dieci piccoli congegni dotati di 2 elettrodi e un controllo a distanza.
"poi.." continuò indicando una pistola enorme in un'altro scomparto della prima valigia " siccome immaginavo che per uno che ha tanta fretta un fucile era troppo ecco qui una desert eagle, il giusto compromesso fra potenza e precisione, dotata di diversi tipi di proiettili, a ogiva cava, esplosivi, traccianti, teflon, soporiferi;
di un puntatore laser allineato perfettamente alla canna e silenziatore.
Max guardava quella pistola meravigliato, a quanto ne sapeva lui non era un compromesso fra fucile e pistola, decisamente era più un fucile in miniatura, con la stessa potenza però..
Poi luca continuò la mostra di ciò che aveva portato per lui. "infine qui abbiamo tre triplette di granate" e indicò tre file da tre granate ciascuna poste nel coperchio della cassa. "qui hai tre granate alla grafite, non fanno rumore all'esplosione, ne danni, ma emettono enormi quantità di grafite a scaglie finissime che disturbano ogni congegno elettronico nel raggio di trenta metri" e indicò tre granate simili a tubetti per la schiuma da barba schiacciati.
"qui invece" proseguì indicando altre tre granate identiche alle prime, ma con delle bande orizzontali gialle "hai 3 granate stordenti, che emettono un forte suono e una luce pari a quella di un saldatore, capaci di stordire chi non è adeguatamente protetto."
infinè mostrò le ultime 3 granate che non avevano bisogno di descrizione, essendo 'normali' granate esplosive.
"come ti pare la prima sorpresa?" chiese sorridente. "mi hai stupito" ribadì max altrettanto sorridente.
"bene, passiamo alla sorpresa numero due allora." detto questo aprì la seconda cassa, max notò che a parte le centinaia di munizioni per la desert eagle e qualche caricatore vuoto non v'erano armi.
luca partì con la spiegazione "ovviamente non ti puoi portare tutta questa roba in tasca, quindi ho pensato di approntare l'abbigliamento apposito per l'occasione, che comprende un gillet tattico nero in fibra sintetica e teflon, resistente alle lame e alle punte, dotato di abbastanza scomparti per contenere 8 caricatori maggiorati da 25 colpi della desert eagle, tu li carichi con i proiettili che vuoi e te li infili li, all'evenienza puoi cambiare celermente caricatore, le tasche hanno una chiusura al velcro facilmente apribile in caso di emergenza." e tirò fuori un gillet molto essenziale fatto di resistenti cinghie nere con 4 scomparti per caricatori su ognuno dei 2 lati e qualche piccola tasca.
Poi continuò tirando fuori dalla cassa una spece di tuta nera in due pezzi con cintura: "qui abbiamo una mimetica universale per ogni tipo di fondo, urbano, boscoso, desertico." in effetti max vide che muovendola su diversi sfondi prendeva un a sfumatura del fondo stesso, mimetizzandosi molto bene. "come funziona?" chiese curioso max.
La risposta non tardò "è costruita con un tessuto elastico rinforzato con uno strato sottostante di teflon e uno di isolante al goretex, praticamente quando lo spettro luminoso colpisce qualcosa non tutta la luce passa, passa solo quella che il materiale o l'oggetto non riflette, ad esempio della luce che colpisce una foglia passa tutto lo spettro tranne la parte del verde, ci sei?".
Max ragionò un attimo.."si ci sono". "bene" continuò luca "questo tessuto diciamo che ha in 'memoria' tutto lo spettro luminoso e ogni sua molecola riconosce quando non viene colpita da quella parte di luce e assume il suo colore".
Max era un po confuso ma la cosa filava, e sembrava funzionare, "continua" gli disse.
"ok, oltre che essere un tessuto elastico, con uno strato anti-taglio ti isola dal freddo fino a -10 gradi ed è traspirante, quindi non preoccuparti del sudore". Prese fiato e proseguì "come puoi vedere inoltre e dotato di 4 grandi tasche chiuse da zip al titanio, ne hai due per gamba, e infine noterai che non è aperto al fondo ma e chiuso come una calzamaglia, è una scelta tecnica, così non hai l'ingombro dei calzini.." e sorrise.
"la maglia è dello stesso tessuto dei pantaloni, identico, privo di tasche però, la infili nei pantaloni e poi chiudi tutto con questa cintura, stesso materiale del gillet, dotata degli spazi per le 9 granate e 2 fondine dietro la vita, una volta che hai la tuta addosso e come una seconda pelle, puoi tranquillamente metterci i vestiti che vuoi sopra se ti va.
Riprese fiato una seconda volta e finì la mostra. "infine qui abbiamo le calzature apposite che fanno per te, direttamente dalla cultura metal: anfibi in gomma morbida, traspiranti, isolati fino a 1000 volts, resistenti all'acqua, ai carburanti e agli olii, ignifughi e antiscivolo, con punta in acciaio temprato, ovviamente della tua misura, 45, come le tue scarpe da bowling.." disse quest'ultima parte con un sorriso ironico pensando alle serate passate a giocare con la classe.
" bene direi che e tutto, non ho pensato ad un coltello perchè so che ne hai in abbondanza qui a casa, e sceglierai tu il tuo preferito." Max non sapeva che dire, era esterrefatto. Poi gli venne in mente una domanda. "quanto peso può sopportare quel gillet prima di cedere? tipo mi ci posso appendere senza che si strappi?" Luca lo guardò con un sorriso orgoglioso "da me solo il meglio, quel gillet potrebbe tenere tranquillamente me e te appesi per tutto il tempo che vuoi. e io e te non siamo due pesi piuma". In effetti era vero, max soprattutto, pesava 95kg, e andava fiero di quel suo peso. Pensò quindi che a quel gillet poteva tranquillamente attaccare il libro per portarselo a spalle, anche se sapeva sarebbe stata un'impresa ardua, nonostante il suo fisico. Già perchè sebbene max pesasse molto era anche molto alto, quasi 187cm, e aveva spalle larghe e robuste.
"bene direi che e tutto disse max, passiamo alla questione che interessa te ora". Il sorriso di luca si fece ancora più largo "eh si, questa e robetta di prima classe, e ha un costo.."
"quanto?". Luca pensò un attimo, guardando tutta la roba poi disse "22.000, il semtex lo offre la casa".
Max lo guardò con un ghigno poi si girò e prese la borsa di tela marrone e gliela lanciò "ecco qui, saranno 25.000, ti ci paghi la benzina per andata e anche ritorno" rispose con un sorriso.
Luca guardò nella borsa, poi tirò su la testa e sorrise. "non farti ammazzare mi raccomando, o ti verrò a beccare all'inferno per riderti dietro"
"tranquillo che l'inferno non mi vedrà mai" scherzò. Non immaginava quanto fosse vera quell'affermazione.


--Tre giorni--

Luca era ormai sul suo furgone e max appostato vicino alla colonna di cemento al limite del cortile aspettava che uscisse.
Accese il furgone e scivolò lentamente verso la strada quando come ricordandosi di qualcosa si fermò e si mise a frugare nel portaoggetti.
Ne trasse fuori tre boccette piene di un liquido trasparente color sangue, che passò a max. "anfetamine di guerra disse, ne hai per 3 razioni"
"e a che servono scusa? non sono mica un drogato.." Luca era allibito "non sai cosa sono? diamine proprio non sai nulla. Sono delle metanfetamine sintetizzate dai tedeschi nella seconda guerra mondiale, in versione perfezionata, non danno assuefazione e depressione, anche se di certo non fanno bene all'organismo."
"Causano la 'fame chimica' e irritazione se assunte in grandi quantità frequentemente." "Servono a potenziare le capacità fisiche e la resistenza allo sforzo." fece una piccola pausa.
"una golata di metà boccetta e il tuo corpo diventerà una macchina da guerra capace di correre come un velocista, sollevare pesi che normalmente ti spezzerebbero e sopportare le pallottole nelle gambe senza cedere."
fece per partire ma poi disse ancora "dimenticavo, il loro effetto non è eterno, è quasi immediato dopo che l'hai bevuta, ma tempo mezz'ora e sarai di nuovo normale."
Dettò ciò gli fece l'occhiolino e sgommò via nella notte, lasciando max allibito sul cancello con le anfetamine in mano.
Chiuso il cancello rientrò in casa, erano ormai le nove passate, due ore erano passate da quando luca gli aveva portato tutto quell'arsenale. Poggiò le anfetamine vicino alle casse aperte e si sedette sul divano.

Ripensò a quei due giorni, trascorsi così velocemente e con così tanti colpi di scena da far girare la testa a chiunque, lui compreso.
Fino al giorno prima era ad annoiarsi davanti al pc ed ora sembrava pronto per un raid in una base militare, armato ed equipaggiato di tutto punto, pronto all'attacco.
Mancavano meno di tre giorni all'appuntamento in aereoporto, oramai era quasi pronto fisicamente, mancava la preparazione psicologica, e ancora non aveva un vero e proprio piano. Non sapeva come e da dove avrebbe operato, non conosceva il luogo e nemmeno l'ubicazione dell'hangar in cui sarebbe stato custodito il libro durante il giorno.
'Questo non è un problema' pensò, 'mi basta riconoscere l'aereo e vedere dove atterra'.
Già ma a fiumicino ci saranno state una decina se non più di piste, e controllarle tutte sarebbe stato arduo.
'però..'
Un'altro pensiero si fece strada. 'Se hanno scelto l'anonimato di sicuro non lo faranno atterrare in una delle piste principali, adibite al decollo e atterraggio degli aerei più grandi, ma in una pista secondaria'.
E di quelle sicuramente ce n'erano molte meno, più riservate e nascoste.
Sperò che questa supposizione fosse quella esatta, ma non gli bastava. Decise che l'unica soluzione era partire domattina presto e andare direttamente all'aereoporto ad indagare in modo anonimo, 'come farebbe un ragazzo qualunque interessato a conoscere l'aereoporto' si disse.


--Partenza--

Era ormai sera inoltrata. Max annoiato guardò l'orologio appeso vicino alla porta d'ingresso.
"Le nove e mezza..mmm." Non sapeva ancora come avrebbe fatto ad intrufolarsi di nascosco in un aereoporto. Di certo non era difficile, vista la 'Grande' sicurezza degli aereoporti italiani, però non era nemmeno tanto semplice a pensarci bene.
Senza contare che non aveva mezzi di trasporto, e doveva arrivare li entro almeno un giorno, due massimo, se voleva avere speranze di trovare l'hangar.
Doveva partire l'indomani, ma come..
Pensò e ripensò, si spremette quel poco di meningi che aveva, cercando di trovare idee sensate, però sembrava proprio che quelle sfuggissero via come acqua dalle mani.
Decise quindi che era ora di rilassarsi. Si alzò di scatto dal divano e si diresse verso un mobile della sala, da cui trasse un pacchettino un paio di scatolette ed un narghilè. Si sarebbe fatto una tranquilla fumata solitaria, come faceva spesso, tanto per rilassarsi, schiarire le idee. Andato in cucina riempì la boccia di vetro del narghilè d'acqua, e poi la chiuse con la parte superiore dove erano fissati tubo e bracere.
Da una delle due scatolette trasse un po di tabacco aromatizzato, non sapeva il gusto, ma non gli importava. Preparò con cura un letto di tabacco umido nel piccolo bracere, che successivamente coprì con un foglio d'alluminio. Forato il foglio d'alluminio con uno stuzzicadenti. Una volta finito accese un pezzo di carbone estratto da un'altra scatoletta con un grosso accendino, aspettando che si scaldasse per bene prima di posizionarlo. una volta fatto lo mise sul foglio di alluminio, aspettando che scaldasse il tabacco, intanto ripose le scatole di tabacco e carbone.
Passato qualche minuto si sedette vicino al tavolo, prese il lungo tubo rivestito di tessuto ed iniziò a tirare, con l'acqua che gorgogliava tranquilla, espirando poi una grande nuvola di fumo bianco.
" Mmmmm, mela, che bontà". Già il suo tono di voce si presentava calmo e rilassato, bastavano pochi attimi di fumo per tranquillizzarlo.
Continuava a tirare ed espirare lentamente, creando grandi nebbie bianche dal profumo di mela, mentre cercava di schiarirsi le idee su come arrivare fino a Roma entro l'indomani.
"Eppure deve esserci un modo..Deve!". Pronunciava ogni parola con quieto furore, poichè nonostante la tranquillità le idee non venivano.
Poi, durante l'ennesima tirata, il flash arrivò. Quasi il fumo gli si strozzò in gola cercando di parlare, finchè non lo buttò fuori, assieme ad un nome. "RIKI!!!"
Finì di tossire e lacrimare, si alzò di scatto in piedi e corse in cucina guardando l'orologio: 10:01.
"Sono ancora in tempo!!"
Corse in sala e prese la rubrica cartacea, sfogliandola velocemente, e sperando di trovare quello che cercava.
Scorreva i nomi a velocità inumana, ripetendoli sommessamente: "Pi..Pi..Piero, Pietro, Porto, Prato, Rava, Ras.., RICCARDO! SIII!"
Aveva trovato quello che cercava. Riccardo era un amico di suo fratello, ormai amico di famiglia visto quanto era presente in casa loro. Faceva il camionista per una ditta di trasporti, e viste le sue presenze in casa oramai tutta la famiglia conosceva i suoi itinerari giornalieri a menadito, considerando il fatto che da ogni viaggio portava sempre qualcosa di tipico in regalo..
Erano le dieci di lunedì primo giugno, il libro sarebbe arrivato giovedì a fiumicino, Max sperava follemente che il suo amico non fosse già partito per le consegne..
Compose il numero del cellulare e attese silenzioso..
Squillava..
Squillava..
Squillava..
L'attesa era quasi febbrile, la tensione attorno a lui era palpabile..
Poi una voce: "Pronto?"
"Riki ciao! sono io max!" - "ooooo bello!! come tira? tutto ok??" era ancora teso nonostante avesse risposto, se fosse già partito sarebbe stata la fine..
"si si qui tutto bene, e tu? come va? già in viaggio?"
"see see tutto ok, sono appena partito, sono quasi ad albiano al casello" questo gelò il sangue nelle vene a Max..ma il suo amico continuò "..ma pare che ci sia stato un incidente e staremo fermi per un po.."
speranza..ultima tenue speranza..max si lanciò in una richiesta. "ascolta ho un favore enorme da chiederti.."
"Spara!" disse la voce all'altro capo "puoi.." fece una pausa.."puoi darmi un passaggio di nascosto fino a Roma? all'aereporto? è un'emergenza.."
La voce dall'altro capo taceva..pensava.."hai 20 minuti per arrivare al casello..tempo che sgomberino le macchine incidentate..poi io partirò..ci stai?" "ovvio!" rispose max deciso. Detto questo salutò l'amico e mise giù il telefono, aveva poco, pochissimo tempo. Corse nella stanza dove c'era la cassaforte e si mise un paio di scarpe, poi recuperò da un armadio un grosso zaino dalle molteplici tasche e corse in sala.
Aprì le grosse casse e ficcò di fretta nello zaino quella tuta supertecnologica, il gillet e la cintura. In un'altra tasca più nascosta mise quel cannone di pistola e le granate. Poi in tasche secondarie mise il silenziatore, i caricatori vuoti e le scatolette di carta con le munizioni. Molte scatolette a dirla tutta. Infine una volta rimpito tutto lo zaino col contenuto delle casse guardò le 3 boccette di anfetamine di guerra. Era molto indeciso sul dafarsi, ma poi le prese e le mise al sicuro in una piccola tasca dello zaino.
Finiti i preparativi corse di nuovo nella stanzetta e si mise una giacca di pelle non troppo pesante, fece il giro della casa controllando che tutto fosse chiuso e poi zaino in spalla si diresse in cucina. Prese le chiavi di casa ed una chiave più piccola, spense la luce, uscì dalla porta principale e la chiuse dietro di se a chiave. Percorse il cortile correndo, aprì il cancello uscì e lo richiuse altrettanto celermente, aveva poco tempo. Una volta assicuratosi che il cancello fosse ben chiuso percorse a piedi un breve tratto di strada in discesa, arrivando di fronte ad una porta di legno massiccio. La porta della sua officina. Inserì la chiave e con qualche mandata la aprì, entrando poi in buio intenso. Accese le luci vide di fronte a se il mezzo più veloce che possedeva al momento, e che doveva portarlo al casello in..11 minuti!
Il mezzo in questione era una moto. Una vecchia moto da cross, di quelle troppo potenti persino per la strada, mai provata. L'unico test che fece fu anche l'ultimo, poichè per la troppa potenza si ribaltò ben 3 volte. Sconsolato la tirò fuori dall'officina, si mise un casco ed uscì in strada, chiudendo poi la porta.
Una volta in groppa al potente destriero mise le mani sul manubrio, ed un piede sulla pedivella d'avviamento. Quasi tremava al pensiero di dover spingere quella..cosa..Al massimo come mai aveva fatto. Sperò che ci fosse benzina.
Diede una pedalata, ma la pedivella non si mosse di un centimetro. "Maledetta potenza" ed inveì contro se stesso. Si mise in equilibrio per un secondo e poi saltò sulla pedivella. Il motore girò ma non partì, fece qualche borbottio sommesso e tornò muto. "Puttana parti!!" saltò di nuovo una volta, due, tre, finchè alla quarta il motore non si avviò! Girava tranquillo, ma faceva un terribile rumore metallico, estremamente forte per di più. Avrebbe svegliato mezzo mondo, ma non gli importava nulla. Le vibrazioni si trasmettevano sino al manubrio ad ogni minima accelerata, facendo tremare Max.
Si prese un attimo di concentrazione, scendendo per la strada in discesa col motore in folle, lo faceva scaldare.
Arrivato nella piazza del paese si fermò al semaforo rosso, mettendo la prima.
Aspettava. Aspettava. Una goccia di sudore lungo la fronte, come un pilota pronto a scattare alla griglia di partenza. Due sgasate, il motore salì incredibilmente di giri, con un rumore che pareva forte persino attutito dal casco. E poi il verde.
Max accelerò a metà, parzializzando la frizione. La moto si impennò dalla potenza, ma giocando bene con la frizione non si ribaltò. Prima, seconda, terza, quarta: in un attimo si era mangiato tutte le marce quasi, senza mai dare più di metà gas. Scendeva molto, troppo rapidamente dal paese. Alle curve si affidava solo all'istinto, e alla speranza che nessuno arrivasse nel senso contrario. Piegava come un pilota da motogp, non doveva aver paura, o si sarebbe ucciso. Arrivò l'ultima discesa, un rettilineo con una singola lunga curva a destra, seguito da un altro lungo rettilineo che sfociava nella strada statale. Era in quarta, chiuse gli occhi un secondo mentre proseguiva. "VIA" gridò nel casco, scalò in terza ed accelerò tutto. Di nuovo la moto si impennò sotto la potenza del motore, ma altrettanto rapidamente torno giù. Le marce salivano come non mai, quarta, quinta, sesta. Non sapeva a quanto stava andando, ma decisamente era troppo. La lunga curva fu facile, poi il rettilineo. Sentiva il rumore della moto, sentiva l'aria sibilare attorno al casco, la pressione era così forte che quasi lo ribaltava all'indietro. Non sapeva a quanto andava, ma senz'ombra di dubbio era troppo. Si mangiò la strada in un attimo, arrivando quasi alla rotonda rallentò, scalò fino in terza e fece una pazzia: non aveva tempo di fare il giro giusto. Entrò tuffandosi in contromano, Parecchie macchine che stavano entrando inchiodarono e gli urlarono contro epiteti d'ogni genere, ma lui non sentiva. Era ormai assuefatto da quella otenza, da quell'adrenalina. Ora c'era la lunga statale fino al casello, accelerò tutto, quarta, quinta e sesta. Si piegò in avanti, quasi a essere un tutt'uno con la moto, in modo da poter quasi perforare l'aria come un missile. Sentiva che quasi lo zaino si staccava dalle spalle: 'meno male che era ben chiuso' pensò..
La strada proseguiva dritta, lui non accennava a rallentare di una virgola, superando le occasionali auto, i cui guidatori assistevano allibiti alla scena.
Più d'una volta alcuni guardarono il tachimetro dell'auto, poi la moto che si allontanava e di nuovo il tachimetro.
Mancava poco, rallentò, scalò di nuovo per curvare su una strada secondaria. Destra, sinistra, destra, rettilineo di nuovo, curve lievi, paese. Tutto sfuggiva velocemente alla sua vista. Attraversò un paese a velocità folle, fra gli urli dei rari automobilisti. Uscì di nuovo in periferia, e di nuovo rettilineo, ma stavolta per poco. Intravide un casello, più si avvicinava più vedeva la coda davanti ad esso. E poi fu la rivelazione: avvicinandosi intravide un camion bianco parcheggiato in una piazzola, con un tizio che girava attorno guardando l'orologio. Non potè fare a meno di sorridere. Rallentò prima di arrivare al casello e una volta fermata la moto la nascose dietro delle piante: il motore fumava, l'aveva strapazzata troppo, per la prima e ultima volta. L'accarezzò sulla sella con fare quasi paterno, poi corse sulla strada sino ad arrivare alla piazzola, presentandosi col fiatone di fronte al suo amico. "S-sono in..T-tempo?" disse ansante.
"Per poco disse ridendo" gli mostrò l'orologio: 22.30, 10 minuti esatti.


--Idee in viaggio--

Max ancora si stava riprendendo dalla folle corsa in moto, nonchè da quella a piedi, quando Riki lo portò dietro al camion e iniziò ad armeggiare con i portelloni del rimorchio.
"non so perchè ti serva un passaggio all'aereoporto, nemmeno mi interessa, siccome vuoi viaggiare nascosto starai qui nel rimorchio..Tanto ci vorranno poche ore, faremo una tirata unica senza fermate, così eviteremo..."
Non finì la frase.
Max lo guardava, mezzo morto, mezzo sorridente. Era lo stereotipo del camionista: alto, rasato a zero, con una grossa pancia e con ampi tatuaggi sulle braccia scoperte.
"grazie davvero, mi hai salvato.." solo questo riuscì a dire prima di riprendersi.
"per così poco" disse facendo l'occhiolino. "ma non abbiamo tempo ora, sali che si parte" detto ciò aprì i portelloni e lo fece salire: "nasconditi li in fondo, dietro le ultime casse, e..Buona fortuna!"
Detto ciò una volta che Max fu dentro chiuse i portelli, e il buio si fece totale.
Durò poco però, tempo qualche minuto ed una piccola luce sul soffitto del rimorchio si accese, aveva la forza di illuminare appena la parete di fondo, ma bastava.
'Un altro motivo per ringraziarlo' pensava ridendo..
Da dentro il rimorchio Max non sentiva granchè della strada, ne curve ne dossi o altro; ne poteva vedere, questo dava uno strano senso al modo di viaggiare.
Si chiedeva quanto sarebbe durato il viaggio, anche perchè non potendo vedere nulla se non casse e casse di legno il viaggio assumeva una durata indefinita.
Non sapendo che fare decise di indossare quella tuta fantascientifica e vedere se poteva davvero essere indossata tranquillamente sotto i vestiti. Addosso aveva indumenti abbastanza larghi, quindi non sarebbe comunque risultato troppo scomodo o evidente.
Così prese lo zaino e tirò fuori i pantaloni, gli anfibi, la cintura e la maglia di quello strano completo. Per la prima volta li osservava e li tastava con mano: Il tessuto pareva non più spesso di un paio di jeans, eppure sembrava incredibilmente resistente, e cambiava colore ad ogni minimo movimento.
Iniziò quindi a spogliarsi, tolse dapprima la giacca di pelle, poi la polo, le scarpe, le calze ed i pantaloni.
Decise di fare in fretta con quella prova poichè dentro quel rimorchio al buio faceva alquanto fresco. 'Mannaggia alui proprio cibo doveva portare, sono in un cella frigorifera..'
Finiti i pensieri si mise quegli strani pantaloni per iniziare. Sembravano stretti, ma più salivano più la loro forma si adattava al suo corpo, ed una volta arrivati poco sotto la vita parevano una seconda pelle. Si erano completamente adattati a lui, dalla punta del piede chiuso a calzino sino alla vita.
"wow.." commentò a voce alta..
Poi venne il momento della maglia: stesso procedimento, stretta all'inizio una volta messa si adattò a lui perfettamente. Anche quella era come una seconda pelle.
"doppio wow.."
Finito anche questo commento infilò la maglia nel pantalone e chiuse il tutto col cinturone, questo però dovette stringerlo a mano finchè non fu perfetto.
Si alzò in piedi e si guardò per quanto poteva. Pareva un'agente segreto futuristico.
"che figata.."
La tuta era davvero come una seconda pelle, si adattava perfetta ad ogni mossa, non intralciava i movimenti ed era leggera, ma nonostante questo il fresco della cella frigorifera era stato celermente annientato: stava bene, ne caldo, ne freddo.
Provò quindi ad indossare i vestiti sopra di essa, polo e jeans, e notò con piacere che la temperatura rimase la stessa. Era come se avesse solo gli indumenti normali.
Sedutosi di nuovo prese gli anfibi in mano e decise di metterli, quelli però non erano poi tanto leggeri, al contrario pesavano parecchio.
La cosa comunque non lo spaventava, snodò i lunghi lacci e una volta finitò li mise uno per uno, allacciandoli per bene e nascondendoli sotto i jeans, in modo da non apparire troppo anomalo.
Si alzò in piedi come per specchiarsi
"beh..beh..stavolta quel metallaro fuori di testa ha fatto un bel bel lavoro" si disse.
In effetti era vero, a parte i grossi e neri anfibi dalla punta in acciaio ugualmente nero che spuntavano da sotto i jeans nessuno avrebbe mai immaginato che sotto i vestiti avesse una tuta mimetica ipertecnologica.
Ora però sorgeva spontanea una domanda: Come avrebbe fatto a vagare senza problemi nell'aereoporto, con uno zaino carico di proiettili, granate e chi più ne ha più ne metta.
La cosa si faceva grigia, e si ricordò che non aveva ancora indossato quella spece di gillet di cinghie. Decise che la cosa lo avrebbe preoccupato al momento giusto, ora non ne aveva voglia. Si mise a gironzolare fra le casse nel lungo rimorchio, erano tutte grosse casse cubiche di legno, Max curiosò dentro un paio di esse e scoprì che contenevano ortaggi.
Continuò a vagare su e giù assimilando i docili movimenti del rimorchio che viaggiava a tutta velocità sull'autostrada, finchè qualcosa non attirò la sua attenzione.
Una scatola di cartone era nascosta nella penombra delle prime casse, annoiato ed incuriosito max decise di scoprire cosa conteneva.
La trasse a se e la portò alla tenue luce della lampadina, fortunatamente non era sigillata con il nastro da pacchi.
La aprì, e con suo disappunto scoprì che conteneva solamente tute da meccanico. Ve n'erano parecchie e di colori diversi: nere, blu, marroni..
Stava per riporre la scatola dove l'aveva trovata quando un lampo gli attraversò la mente.
"Tute integrali?" disse a mezza voce.
Ne prese una marrone chiaro e si mise in piedi tenendola ritta davanti a se per le spalline: era lunga quanto lui, forse un po di più, ed alquanto larga.
"Amico ti adoro!!" disse pensando al camionista. Prese quella tuta marrone e la infilò nello zaino assieme alle armi, poi ripose la scatola dove l'aveva trovata.
Quella tuta l'avrebbe aiutato a girare più indisturbato nell'aereoporto. Si sarebbe fatto passare per un giovane apprendista meccanico che lavorava li. Meccanico di qualunque cosa capitasse, pur di passare 'più inosservato'. E poi quella tuta era molto larga, avrebbe ampiamente nascosto gillet, pistola granate e tutta l'attrezzatura.
Quest'ultima idea era stata proprio un toccasana per la sua 'missione', l'avrebbe aiutato molto.
Chiusi i pensieri felici decise che stare sveglio ancora sarebbe stato uno spreco di energie, così si accomodò come potè sul duro pavimento del rimorchio usando come cuscino le sue scarpe e si mise a dormire, insensibile al buon profumino che emanavano.

---Fortuna?---

Max dormiva. Dormiva beato nel rimorchio del camion, probabilmente narcotizzato dalla puzza delle sue stesse scarpe, poichè non sentì il docile rallentare del camion, ne l'apertura dei portelli, tantomeno un pomodoro che si spalmava sulla sua faccia.
Si svegliò di scatto e si tirò in piedi come una molla facendo il gesto di estrarre una fantomatica pistola che non aveva. Dopo qualche secondo realizzò che si era addormentato, molto profondamente, e a giudicare dalle spiegazioni del suo amico tanto profondamente che ci volle un pomodoro in faccia per svegliarlo.
"Sembravi morto" disse ridendo mentre max si puliva il volto dai rimasugli dello sfortunato ortaggio. "All'inizio mi era venuto il dubbio pensando ti mancasse aria, ma poi mi sono ricordato che qui l'aria circola sempre.."
"Comunque tornando seri, siamo davanti all'aereoporto ora, ti volevo solo avvertire..Cercherò di entrare da dietro fingendo di trasportare ortaggi per i ristoranti."
Fece una pausa pensando e proseguì..
"Non avrai molto tempo, ora ti nasconderai nella cuccetta, nonappena passeremo il cancello d'ingresso e ci fermeremo tu dovrai uscire e nasconderti da qualche parte, e sii attento, non vorrai farti beccare.."
Max era in silenzio..soppesava le parole e le idee. Pareva l'unica soluzione possibile.
"Va bene, facciamolo in fretta!"
Uscirono dal rimorchio, che Riki chiuse poi alle sue spalle. L'aria fresca della mattina presto era un toccasana. Saranno state le quattro o le cinque a giudicare dalla luna morente. Tutto era silenzioso, poche macchine giravano li attorno, ma l'aereoporto poco distante era acceso e pareva fremere di vita.
Salirono in cabina e Max si nascose dietro le tende della cuccetta, mentre il suo amico avviava silenzioso il camion e si dirigeva verso un'entrata secondaria.
Appena arrivato al cancello si fermò, e da un punto indefinito al di fuori del tir una voce alquanto svogliata parlò:
"Altolà..Chi sei e cosa ci fai qui?"
Riki rispose pronto, sfoderando un tono rude e stanco "Cappio trasporti..Ho un carico di ortaggi per i ristoranti dell'aereoporto che sta facendo la sauna dal caldo che fa qui fuori! Quindi se possibile vorrei entrare e finire in fretta questo strazio!"
La guardia rimase silenziosa per un attimo poi con lo stesso tono svogliato "Questa non è l'entrata per il carico merci..Deve essere nuovo lei, ma non importa. Entri e faccia attenzione, qui ci sono le piccole piste private."
Max non potè sentire di meglio, voleva quasi gridare ma si trattenne.
Poi la guardia continuò "Non blocchi il traffico e non si faccia riprendere dagli addetti o la faccio sbattere dentro, e si ricordi di identificarsi al cancello giusto quando esce."
"Seee see stia tranquillo mister, conosco il mestiere.." rispose rudemente Riki.
Dopo qualche secondo si sentì uno sferragliare e poi il camion che ripartiva docile
"Mi costerai il posto tu lo so" disse ironico una volta dentro.
Max non ricambiò l'umorismo però. Era teso dall'eccitazione.
"Ascolta questa è la mia fermata, devo scendere in queste piste private, vedi qualche posto per nascondersi?"
Riki non parlò, era intento a guardarsi attorno mentre procedeva lento, poi tutto a un tratto parlò:
"niente commenti, niente domande, prendi lo zaino e accucciati davanti alla portiera, al mio tre esci e corri fuori diritto davanti a te."
Max eseguì silenzioso, accucciandosi agitato davanti alla portiera.
"Uno.."
"Due.."
"e..buona fortuna bello..TRE!"
Max aprì la portiera saltando dritto a terra con qualche capriola, nonostante il camion andasse piano l'equilibrio era venuto meno. Poi corse, corse come non mai dritto davanti a se e vide ciò che anche il suo amico aveva notato: Un grosso hangar dalla saracinesca mezza divelta e annerita, come se fosse esploso qualcosa li dentro.
Corse e non si fermò finche non fu dentro e si nascose dietro i rottami della porta, al buio.
Si sedette a terra, aveva il fiatone, ma ormai era dentro.
"Ah..Aha..Ahahahah!!" rideva sommessamente col fiatone.."ce l'ho fatta..hahah..S-sono dentro.."
Cercò di riprendere fiato, nel mentre si guardava attorno. Non c'era nulla li, solo nero vuoto. La poca luce che entrava dalla porta distrutta non bastava a illuminare l'intero spazio dell'hangar, e molte zone rimanevano all'oscuro.
Una volta ripreso fiato si tolse lo zaino dalle spalle e tirò fuori la tuta da meccanico. tolse i vestiti e li poggiò a terra, rimanendo con solo indosso quella tuta futuristica. Una volta guardatosi di nuovo vide che ora era completamente nero, e quasi pareva invisibile all'ombra della porta.
"Figata.."
Espresso il commento positivo si chinò ed estrasse il complesso gillet di cinghie, gli ci vollero parecchi minuti per capire come indossarlo e regolarlo ma alla fine ci riuscì, e una volta stretto per bene a se era pronto per armarsi.
Tirò fuori caricatori e pallottole varie, aveva otto caricatori e cinque varietà di proiettili.
Decise così di fare un misto, caricò cinque di essi con altrettante varietà di proiettili, mentre i restanti tre li riempì con pallottole 'normali' a ogiva cava. Fatto ciò infilò un caricatore nella pistola che poi mise nella fondina sulla cintura, ed i restanti sette nelle tasche apposite del gillet.
Estrasse poi le granate, che una ad una andarono a finire nelle apposite tasche sul cinturone.
Venne infine il momento delle anfetamine. Ancora era dubbioso, ma ormai le aveva dietro. Decise quindi di portarle con se, le prese e le mise in una delle tasche dei pantaloni, che poi chiuse.
Era pronto. Era armato. Era deciso.
Ripose i vestiti nello zaino, prese la tuta da meccanico ma non la mise, la guardò dubbioso.
In fondo era ancora buio, aveva un'ora o forse più per fare un po di ricognizione, se l'avesse messa sarebbe stato 'Individuabile'.
La ripose quindi nello zaino assieme ai vestiti, fece per prendere una scatola di pallottole, ma in mano gli capitò il panetto di esplosivo al plastico con i detonatori piantati sopra. Lo estrasse dallo zaino e lo guardò dubbioso: era grande quanto una mattonella. Decise che l'avrebbe portato con se, poteva rivelarsi utile per far saltare porte o altro. Lo mise in tasca ma vide che non ci stava, eliminò quindi la parte in eccesso che sporgeva rimettendola nello zaino, chiuse la tasca, ed uscì di soppiatto nel buio del mattino.
Fortunatamente gli anfibi non scricchiolavano, e lui stava bene attento a camminare lento sul cemento delle piste.
Si nascondeva ad ogni cono d'ombra che trovava: grosse e piccole scale per aerei, muletti, carrelli ecc..
Muovendosi di soppiatto impiegò parecchi minuti per spostarsi, ma alla fine arrivò al suo obbiettivo: una lunga fila di piccoli hangar.
Ve n'erano dieci, dieci grosse saracinesche grigie illuminate da dei lampioni posti sulla parte di hangar che sovrastava l'entrata. Accucciatosi proseguì la sua silenziosa avanzata fino al primo dei dieci, strisciò lungo la parete prima e poi lungo la porta d'acciaio, sino ad arrivare ad una porticina grandezza uomo situata sul muro alla destra della saracinesca.
Accucciatosi guardò dal buco della serratura, e per quel poco che vedeva tutto risultava vuoto.
Alzandosi in piedi sino quasi a superare la porticina in altezza notò che essa aveva una piccola finestrella chiusa solo da un sottile vetro in cima.
Di nuovo spiò dentro con cautela e nulla di anomalo appariva nel buio. Acquattatosi proseguì nella sua limitata ispezione degli hangar: secondo terzo e quarto contenevano un paio di piccoli aerei da turismo ciascuno, il quinto pareva una spece d'officina, il sesto era vuoto come il primo.
Arrivato al settimo come per gli altri sei si accucciò a terra e spiò dalla serratura, che non gli servì poichè stavolta tutto appariva nero.
Si alzò lentamente e si mise di fianco alla finestrella. Con cautela quindi si sporse di lato e guardò dentro.
Non si poteva dare un'espressione al suo volto, poichè si mescolavano sorpresa, stupore, paura, rabbia, gioia e altre indecifrabili emozioni.
Quello che vide lo lasciò a bocca aperta.
Quattro uomini armati di fucili a pompa stavano a guardia di un qualcosa di strano. Quando mise a fuoco la sua espressione si fece ancora più sbalordita.
Era un grosso cubo di quello che nella penombra pareva metallo, i quattro uomini erano ai suoi lati, e quella grossa cassa superava in altezza la loro vita.
Centinaia di pensieri partirono all'unisono, affiancati da decine di domande. Come mai era già li? Possibile che le informazioni fossero sbagliate? O che insospettiti da qualcosa avessero voluto anticipare tutto?
Non lo sapeva, non sapeva nulla, era solo certo di una cosa: il libro era li.
Stava per cantare prematura vittoria mentalmente quando una un rumore, una voce ed infine freddo acciaio sulla sua nuca lo fecero sobbalzare.
"cla-clack!"
Qualcuno aveva caricato un fucile e glielo aveva puntato alla nuca.
"Mani in alto!" Disse una voce gelida e chiara.
 
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The Hush
view post Posted on 30/7/2008, 22:12




---L'inizio della fine---

Adesso era nei guai. Mai quanto lo sarebbe stato di li a un paio d'ore, ma era già a buon punto.
Lentamente alzò le mani sopra la testa distendendole.
"Voltati!" Disse secca la voce misteriosa.
Max obbedì senza fiatare, si voltò lentamente per scoprire l'origine della voce: un soldato.
O almeno pensava fosse un soldato. Aveva un passamontagna nero calato sul volto, caschetto nero in testa, una tuta munita di giubbotto antiproiettile su petto e schiena, pantaloni neri dalle molteplici tasche e grossi stivali neri.
Brandiva un fucile a pompa calibro 12, con la canna che puntava in mezzo ai suoi occhi.
"Identificati!" Gridò.
Silenzio..
"Identificati!!! Cosa ci facevi qui a spiare negli hangar???" aumentò il tono, era parecchio arrabbiato e nervoso e ad ogni parola avvicinava il fucile alla testa di Max per poi tornare indietro, a mo di minaccia.
La situazione era calda, troppo calda, quell'uomo era alquanto agitato e nervoso, sicuramente pronto a sparare alla minima minaccia.
Fortunatamente non doveva aver notato la pistola, perchè lo fece girare senza disarmarlo, però di sicuro le granate le aveva viste.
Che razza di soldato non disarma un 'nemico' appena preso di sorpresa? Sempre che quello fosse un soldato.
"Mi chiamo Max", solo questo disse.
"E che ci facevi qui MAX?" i bambini dovrebbero essere a letto a quest'ora!!"
Fece per ribattere ma qualcosa lo bloccò, d'improvviso la grossa lampada al di sopra dell'hangar di fianco si fulminò con un gran botto. Un'occasione d'oro, il soldato spaventato alzò lo sguardo verso la lampadina.
Accadde tutto in un'attimo. Max si abbassò di scatto estraendo la pistola, la guardia fece per abbassare il fucile ma era tardi. La canna dell'arma di max già puntava alla testa del soldato.
"Butta il fucile".
"E se non volessi?"
"Avrai una testa in meno". Non scherzava. Avrebbe sparato sul serio. Non aveva mai ucciso, almeno non un essere umano, ma era andato a caccia con suo padre e qualche animale l'aveva preso, abbandonando la paura di premere il grilletto contro un essere vivente.
Quello però era un uomo, un essere senziente, che probabilmente aveva una famiglia. 'Come me' pensava Max, e nonostante questo però se fosse stato minacciato l'avrebbe ucciso senza pietà.
"Non mi sparerai" disse, e fece per abbassare il fucile verso il volto di Max.
Ne una parola, ne un grido, ne un rimpianto. L'azione parve svolgersi a rallentatore. Max chiuse gli occhi e premette il grilletto. L'esplosione, il rinculo, il proiettile che usciva dalla canna e si schiantava contro la testa del soldato che esplose in mille pezzi spargendo sangue e cervella ovunque, anche sul viso dello stesso Max.
Poi il tempo riprese il suo corso normale, come per uno strano incantesimo. Il soldato giaceva a terra, con gran parte della testa spappolata e sparsa ovunque, in un lago di sangue. Max era ancora chino nella posizione da cui aveva sparato.
Un conato di vomito salì fino alla bocca ma non aveva il tempo di vomitare, chiunque nel raggio di almeno 1000 metri aveva sentito il botto, e presto si sarebbe precipitato li, comprese le 4 guardie nell'hangar. Si voltò di scatto puntando la pistola alla porta, se fossero uscite si sarebbero trovate una bella sorpresa.
Passò un minuto però, e nulla uscì dalla porticina. Max avanzò sempre in ginocchio, con la pistola puntata e appoggiatosi alla porta si spinse verso l'alto sbirciando in modo estremamente cauto dalla finestrella.
Le guardie erano ancora li, però era cambiato tutto. Erano in allerta, tutte le luci accese, le armi puntate davanti a loro, pronte a sparare.
Gli serviva un piano, e alla svelta anche. Pensava in fretta, molto in fretta, finchè non venne un idea. Estrasse il panetto di plastico con i detonatori, che sfilò tutti tranne uno. Staccato un po di esplosivo lo allungò rapidamente fino a farne un lungo salsicciotto. Si infilò nella stretta intercapedine fra gli hangar e appicciò il plastico sul muro formando una spece di cornice quadrata, infilando poi un detonatore in un'angolo di essa, che attivò.
Uscito dall'angolo si appostò in piedi davanti alla porta, ripose la pistola ed estrasse una delle 3 fiale di anfetamina.
"E giunto il momento.." disse cupo.
Stappò la fiala e ne bevve il rosso contenuto in un secondo, estraendo poi pistola e comando remoto per il detonatore.
Fu questione di un secondo, tutto divenne rosso e barcollante ai suoi occhi. Tutto ciò che vedeva pareva sciogliersicome neve al sole, finchè di colpo non tornò normale e lucido.
"A-alla faccia.."
Rinsavito prese un attimo il respiro, guardò un'ultima volta dalla finestrella: le guardie erano sempre all'erta rivolte ognuna ai 4 lati del cubo. Sperava ardentemente che il suo piano andasse in porto.
Premette un pulsante sul detonatore, si udì un beeep che durò un paio di secondi, poi la deflagrazione. Era più forte di quello che immaginava, tanto da buttarlo a terra e sollevare una nuvola di polvere e detriti.
Gli fischiavano le orecchie, ma aveva pochi secondi per agire, si alzò in piedi sperando che l'esplosione avesse fatto distrarre le guardie. Arrivò di fronte alla porta, caricò un calcio e liberò tutta la sua forza sulla porta, che incredibilmente fu scardinata e buttata a terra.
Entrò e si posizionò sull'uscio, vedeva solo le sagome delle guardie che si voltavano, la loro ultima azione. Sparò parecchi colpi.
Due andarono a segno nei fianchi di due guardie che caddero a terra come sacchi vuoti in un lago di interiora e sangue Uno in un giubbetto antiproiettile che miracolosamente respinse la pallottola ma tagliò il fiato al soldato, che cadde a terra in preda al dolore.
L'ultima guardia fu evitata dalla salva di proiettili, si voltò e sparò alla cieca nella nebbia di detriti che lentamente si depositava. Sfortunatamente per Max due proiettili andarono a segno, uno nella spalla, che attraversò, lasciando miracolosamente indenni le ossa ed uno gli strisciò il fianco lacerando la tuta.
Fortunatamente la droga funzionava: il dolore dei colpi pareva solo un pizzicore leggero, ma al termine dell'effetto si sarebbe manifestato in tutta la sua potenza.
Drogato ma pur sempre lucido max fece una pazzia, estrasse una granata chinandosi per nascondersi dietro alla polvere, tolse la spoletta e la fece rotolare verso l'origine dei proiettili, catapultandosi indietro.
"CAZZO!!!" gridò una voce nelle ultime polveri che andavano depositandosi. Max si perse l'orrenda scena: il soldato fece per dare un calcio alla granata ma arrivò tardi.
Gli esplose sotto un piede con un boato assordante, staccandogli entrambe le gambe e trafiggendolo con schegge di ferro.
Le polveri si sollevarono ancora una volta, rimanendo in aria per un po e depositandosi di nuovo.
Max si alzò di nuovo, nel silenzio, con le orecchie che gli fischiavano.
Avanzò guardingo con la polvere che ormai si era quasi del tutto depositata. La scena che gli si parò davanti era raccapricciante. Tutto attorno era un lago di sangue.
Due soldati giacevano a terra con mezzo busto spappolato, uno diviso in metà dalla granata, un'altro che fino a un momento fa era vivo e agonizzante era stato colpito dalle schegge di acciaio e detriti lanciati dalla granata.
In meno di venti minuti aveva troncato l'esistenza di cinque soldati sconosciuti, in modi orrendi.
Cadde in ginocchio, gli occhi vuoti, inespressivi, e dopo un secondo vomitò anche quel poco di anima che gli restava.
dopo parecchi minuti si alzò tremante. Ripose la pistola nella fondina e barcollò fino al cubo d'acciaio.
Vi si appoggiò sopra e cercò di riprendere il controllo di se stesso.
Stava dando via l'anima per quel libro, sperava ne valesse la pena, altrimenti avrebbe fatto bene ad spararsi in bocca.
"O-ok..Ormai sono in ballo..devo ballare..q-questo cubo non si aprirà da solo, e fra non molto questo posto brulicherà di polizia, carabinieri e teste di cuoio."
Fece l'unica cosa che poteva, estrasse il c4 e si mise a preparare lunghi e fini salsicciotti di plastico.
Doveva dosare bene la quantità, o avrebbe rischiato di danneggiare il libro, ma non c'era tempo.
Oltretutto il passava, aveva si e no 15 minuti ancora e poi la droga avrebbe concluso il suo effetto, lasciandolo debole e dolorante.
Preparato il plastico lo posizionò lungo i rivetti che chiudevano la cassa d'acciaio sulle cinque pareti visibili, non lo aveva usato tutto, ma buona parte. Sperava funzionasse.
Presi cinque detonatori li posizionò su ognuna delle cinque cornici esplosive, attivandoli di volta in volta, e poi uscù dall'hangar.
Voleva pregare che funzionasse, ma dopo quel massacro dubitava che qualche divinità fosse disposta ad ascoltarlo.
Di nuovo chiuse gli occhi, espirò profondamente e premette il pulsante sul detonatore.
Il boato fu tremendo, l'onda d'urto investì Max e scosse tutto l'hangar.
Sperava che il libro fosse intatto. Quel boato era davvero troppo forte.
Si mosse per entrare ma un rumore troppo familiare e atteso lo bloccò: sirene. La polizia era in arrivo, ed erano tanti.
Non gli interessava, corse dentro facendosi strada fra la polvere arrivando al cubo.
Le spesse lamiere erano accartocciate ai bordi, mezze divelte, ma in alcuni punti rimanevano attaccate per pochi rivetti, quanto bastava a non far passare il libro.
Però poteva vederlo, era li, davanti ai suoi occhi: La copertina nera, il pentacolo, i lucchetti, le placche di ferro incise di rune: c'era tutto, tutto.
Inconscio delle sirene ormai alle porte prese saldamente in mano la lamiera superiore del cubo, iniziando a tirare come un ossesso con tutte le sue forze, aggiunte quelle della droga.
Profondi tagli gli si aprivano sui palmi, ma il dolore rimaneva un pizzico, mentre il sangue grondava ovunque, persino sul libro..
Mano a mano che tirava i rivetti cedevano, uno dopo l'altro, finchè con uno sforzo inumano la lamiera non volò via, scoprendo il libro in tutta la sua grandezza.
Nel mentre la polizia era li fuori, si sentiva distintamente: urla furiose, grida, scalpitare di piedi, qualcuno che commentava la vista del soldato con la testa spappolata.
"Cazzo che macello!"
"Guarda com'e ridotto"
"Sembra passato in un tritacarne.."
Poi una voce sovrastò tutto "SILENZIO UOMINI, TUTTI ALL'ERTA, APRITE QUESTA SARACINESCA VOI, GLI ALTRI CON ME DALLA PORTA!"
Passi, voci, nulla udiva Max, era assuefatto dalla vista della sua meta, non badava più al resto del mondo, non esisteva più nulla.
Inconsciamente allungava le mani verso il libro, voleva toccarlo, prenderlo.
Intanto un drappello di poliziotti era entrato con mitra fucili a pompa e pistole spianati davanti al naso, pronti a colpire.
La loro allerta durò poco però, subito abbassarono le armi, disgustati dalla vista di quella scena. Pareva più una macelleria che un hangar.
Alcuni caddero in ginocchio in preda a conati di vomito, altri si appoggiarono alle pareti, solo il comandante rimase immobile a fucile puntato.
"Santo dio..".
Poi vide Max, le mani a pochi centimetri dal libro, un sorriso felice sul volto.
"FERMO, MANI IN ALTO!"
Per la seconda volta Max udì quella frase, alzò la testa e vide un poliziotto che gli puntava un mitra alla testa e si avvicinava molto lentamente.
"NON..TI..MUOVERE.."
Scandiva ogni parola con quieto furore, peccato che quelle parole non avevano più effetto su Max.
"Mi spiace comandante, ma devo farlo, devo almeno toccarlo".
Le sue ultime parole in quel luogo.
Le sue mani insanguinate si poggiarono sulla liscia copertina e sul grezzo ferro delle placche, durò un secondo, non ebbe nemmeno il tempo di assaporare la vittoria. Una tremenda onda d'urto si propagò dal libro, il comandante, i poliziotti, tutti gli uomini tranne Max finirono a terra, l'intero hangar tremò pericolosamente quasi stesse per crollare dal boato, la cassa d'acciaio esplose riempiendo le gambe di max di scheggie.
Poi tutto si spense.
 
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The Hush
view post Posted on 1/8/2008, 20:31




-13--Il risveglio---

Faceva fresco li dov'era si. Almeno, le parti sensibili che potevano ancora provare qualche sensazione sentivano fresco.
Era forse la cella di un carcere? O il lettino d'acciaio di un tavolo d'autopsie?
Scartò immediatamente queste ipotesi..Era un diverso tipo di fresco..Fresco umido..
Decise di tentare la cosa più ovvia, aprire gli occhi.
Quell'azione compiuta ogni volta che si svegliava al mattino o dopo un sonno, compiuta incosciamente ogni giorno per centinaia di volte, così semplice. Eppure in quel frangente pareva impossibile, sembrava richiedere tutte le sue forze, e anche di più.
Però dopo parecchi sforzi ce la fece. A giudicare da quello che guardava doveva essere supino. I suoi occhi impiegarono parecchio tempo per mettere a fuoco, ma una volta fatto vedeva tutto quasi chiaramente.
Quello che guardava lo stupì parecchio: il cielo.
Guardava un cielo d'un colore magnifico, come mai aveva visto. Il colore sfumava dall'azzurro scuro dell'ultima luce sino a un'arancio ardente, passando da gialli infiniti fino ad arrivare a un intenso rosso, quasi color sangue.
Provò a muovere qualche parte del suo corpo, tanto per capire se erano ancora funzionanti e soprattutto attaccate.
Dapprima inclinò la testa, per guardare il suo corpo, questo gli costò sforzi enormi, che furono coronati per pochi secondi.
Quanto bastava per fare una stima dei danni però.
Le gambe erano ricoperte di grosse scheggie metalliche, fortunatamente il rivestimento anti-taglio della tuta aveva impedito che entrassero in profondità e facessero danni gravi.
Su un fianco la tuta era lacerata e mostrava la strisciata di un proiettile.
Le mani mostravano ampi tagli su tutto il palmo.
Poi arrivò la nota dolente, che lo colpì come una martellata. Era finito l'effetto dell'anfetamina, e tutte le ferite ripresero a pulsare di dolore incontrollato.
Potevano passare le schegge nelle gambe, era soppoortabile.
La strisciata del proiettile sembrava più un'ustione, ma resistere anche a quella non era difficile.
I tagli sulle mani stranamente non erano profondi e facevano poco male, anche se dovevano aver sanguinato molto.
Però non si poteva ignorare il buco che gli attraversava l'intera spalla da parte a parte. Non aveva rotto ossa o danneggiato parti importanti, ma faceva un male senza senso e la funzionalità del braccio era molto limitata.
Doveva aver sanguinato parecchio, perchè la tuta dalla spalla fino a metà schiena era intrisa si sangue coagulato.
Fortunatamente lo stretto tessuto ne aveva fermato la fuoriuscita, ma immaginava che appena l'avesse tolta sarebbe iniziato di nuovo a uscire.
Decise che fu il momento di tentare il tutto per tutto. Con uno sforzo sovrumano per la situazione si mise a sedere, la spalla che pulsava di dolore e il braccio a penzoloni lungo il fianco.
La prima cosa che fece fu estrarre le schegge più grosse dalle gambe, le uniche che erano riuscite a perforare il tessuto dei pantaloni.
Allungò il braccio sano verso la prima, l'afferrò con le dita e la sfilò con uno strappo secco. Non fece male, il dolore della spalla sovrastava tutto il resto.
Proseguì così fino quando non le ebbe tolte tutte, poi spazzò via quelle che erano riuscite a infilarsi solo sul tessuto.
Era tutto un dolore, e ancora non era riuscito a focalizzare il luogo misterioso in cui si trovava.
Facendo leva sul braccio si tirò in piedi barcollando come un ubriaco in preda a dolori che gli investivano tutto il corpo.
Si guardò intorno nelle ultime luci del tramonto: era in mezzo ad un prato verde incolto. Davanti aveva altri prati e sullo sfondo boschi, alla sua sinistra ancora prati, qualche muretto a secco e una mulattiera. Dietro un bosco sconfinato.
Alla sua destra in mezzo al prato svettava un vecchio campanile senza campana. Un campanile?
Gli ci volle un momento per focalizzare e mettere a punto la situazione, poi realizzò:
quel posto Max lo conosceva, e molto bene anche! Era un vecchio prato in mezzo ai boschi che lui e i suoi amici usavano come ritrovo per far festa.
E si trovava a 20 minuti a piedi da casa sua.
Come diavolo c'era finito li? era a più di 500km da casa sua!
Ma questi pensieri furono subito soppiantati dopo che vide una cosa. Una cosa alquanto insolita per quel posto.
Di fronte al campanile in genere c'era un grosso spiazzo libero. In genere. Attualmente era occupato da un grosso cerchio di pietre simil-stonehenge, con al centro un altare.
Non credeva ai suoi occhi. Prima uccideva a sangue freddo cinque uomini. Poi trovava il libro mezzo morto.
Poi lo toccava e puf! si ritrovava a nemmeno 2km da casa sua, sempre mezzo morto, e di fronte a una riproduzione di stonehenge!
Quella storia aveva dell'incredibile.
Non aveva idea di che ora fosse, immaginava però fosse rimasto li parecchio a giudicare del sangue secco sparso un po ovunque su di lui, forse un giorno intero.
Strano che nessuno l'avesse trovato, di solito li passava sempre gente.
Si tastò la vita, non aveva più nulla! ne pistola, ne granate, ne un solo caricatore sul petto!
Mise le mani in una tasca dei pantaloni: niente c4!
Si sentiva stranamente inerme senza la pistola in quel frangente.
Tastò anche la tasca dove teneva le ultime fiale di anfetamina, con suo enorme disappunto si erano rotte entrambe. Doveva dire addio al suo unico antidolorifico.
Scartò immediatamente l'idea di camminare sino al paese: sarebbe crollato prima.
L'unica ipotesi, alquanto insensata, era andare ad indagare su quel circolo di pietre, mentre aspettava qualcuno.
Chiusi i pensieri si concentrò sulla spalla sperando che il dolore diminuisse, cosa che non accadè, e barcollò fino al circolo di pietre.
Più si avvicinava più esso si faceva chiaro nella prima semioscurità: vi erano quattro 'menhir' posti ai rispettivi lati dell'altare. Posti in una spece di circolo più esterno vi erano altri 4 menhir che erano in corrispondenza degli spigoli dell'altare, che scoprì avere una forma perfettamente rettangolare.
Anche il campanile sembrava fa parte di quel misterioso circolo: era posto dietro uno dei 4 menhir interni, uno dei 2 che dava sul lato corto dell'altare.
La cosa che attirava la sua attenzione più del cerchio stesso però era un'altra: Un'oggetto enorme posto sull'altare.
E max sapeva di che oggetto si trattava.
Non si mise a correre solo per risparmiare le poche energie che ancora aveva.
Barcollando raggiunse le pietre del circolo esterno, poste a poca distanza da quelle interne, a loro volta poco distanti dall'altare.
Per quanto poteva vedere non v'era inciso nulla su di esse, ne sull'altare, ma non vedeva tutto e non poteva dire.
Si appoggiò sfinito ad un menhir, osservando la situazione e provando ad analizzarla:
era li, a pochi minuti da casa, in mezzo ad un prato, di fronte ad una improvvisata stonehenge, con il libro su un altare a pochi passi da lui e probabilmente tutta la polizia italiana alle calcagna.
Senza contare gli uomini che l'avevano visto sparire preceduto da un'onda d'urto così forte che probabilmente aveva fatto crollare l'intero Hangar.
Era in una brutta situazione, molto brutta.
Non lo sapeva, ma il peggio era proprio dietro l'angolo.


-14--Il nulla---

Max era li. Appoggiato a uno di quei misteriosi menhir intento a recuperare un poco di forze, incerto su cosa fare.
Una parte di lui voleva entrare e cercare di aprire il libro, l'altra camminare fino alla casa più vicina.
Ovviamente è scontato dire che vinse la parte desiderosa di aprire il libro.
Si scostò dal roccione e si avviò lento e barcollante nell'interno del circolo.
Nemmeno si accorse dei cambiamenti che avvenivano attorno a lui appena i suoi piedi entrarono nel circolo.
Si alzò il vento, non una lieve brezza, ma un bel venticello che faceva frullare foglie e rami.
Il cielo fu coperto da spesse nuvole nere apparse come dal nulla.
Avanzava lento ed incerto, ancora era ferito quasi ovunque e non volveva certamente cadere a terra svenuto a pochi passi dal suo obbiettivo.
Cosa che comunque non accadde. Col suo lento incedere arrivò all'altare, vedendo che era proprio solo un rettangolo perfetto di roccia, senza incisioni o altro, abbastanza grande da accogliere un uomo di media grandezza sdraiato.
Ora però gran parte dell'altare era coperto dal libro chiuso.
Averlo finalmente davanti agli occhi era come un sogno. Aveva ucciso per quel libro, che in poco tempo lo aveva stregato e portato a compiere ogni sorta di follia.
Ed ora era li. Chiuso. Irrimediabilmente chiuso.
Si mise a studiarlo da cima a fondo nel tenue buio: La pelle di cui era composto era di origine sconosciuta, era nera e lucida, come se non fosse stata consumata dal tempo.
In copertina fra le due placche in ferro battuto giaceva inciso a fuoco un pentacolo con attorno un cerchio. Stranamente semplice.
Infine le grandi placche in ferro battuto incise di rune sconosciute da cima a fondo, su tutta la loro lunghezza, con gli strani anelli ad incastro serrati dai grandi lucchetti senza chiave.
Max si avvicinò per studiarli da vicino e cercare eventuali serrature nascoste o che quando con sua immensa sorpresa vide qualcosa che lo lasciò di stucco.
Uno dei due era aperto!
Avvicinò una tremante mano al lucchetto superiore, che giaceva mezzo aperto su uno degli incastri e lo prese esitante.
Quanto pesava! Non riusciva a dare una stima precisa ma sicuramente più di 1kg pesava quell'ammasso di ferro antico.
Lo squadrò da vicino: effettivamente non aveva serrature, toppe, combinazioni o altro. Solo il semplice pentacolo col cerchio attorno, sporcato del suo stesso sangue.
Si chiedeva come potesse essere aperto.
Passò a studiare l'altro quando uno dei suoi soliti flash gli illuminò la mente, che tornò al foglio con le informazioni della lettera:

'dove la terra antica, madre della grande civiltà, il suo dito allunga al blu cielo, all'apparir della piena bellezza di selene ciò che brami per te si aprirà'

E poi quella 'frase':

cruor et sovetaurilia, sacrificio solenne di sangue.

Sembrava tutto troppo, troppo semplice. Il lucchetto aperto macchiato di sangue, apertosi proprio perchè il suo sangue sgorgato probabilmente dalle ferite sulle mani, provocate dalla lamiera del cubo d'acciaio, aveva bagnato parte del libro e il lucchetto.
Eppure..
Tutto in quel libro ispirava la semplicità più pura..
Un solo semplice simbolo inciso nella pelle nera..
Fitte rune, le rune, un sistema molto semplice di scrittura..
Due sole placche per un libro così grande che ne avrebbe richieste molte di più per rimanere ben saldo.
La semplice chiusura con gli anelli a incastro..
Lucchetti senza serratura..
Tutto elementare, ridotto alla semplice essenzialità..
E poi il luogo indicato dalla poesia, già da un po ci era arrivato, arrivato alla conclusione che quello dove si trovava ora fosse il posto.
'dove la terra antica, madre della grande civiltà, il suo dito allunga al blu cielo'
Questo si comprendeva..
La terra antica madre della grande civiltà, dove si trovava ora era un antico luogo dove dimoravano i romani, primi autori del libro. A testimonianza di ciò rimaneva solo l'antica torre romana, successivamente trasformata in campanile, il 'lungo dito che si allunga verso il blu cielo' pensò Max.
E poi il secondo e ultimo verso: 'all'apparir della piena bellezza di selene ciò che brami per te si aprirà'
Anche questo abbastanza semplice, la 'piena selene' era la luna piena. Selene era la dea della luna nell'antichità, piena significava che doveva essere per forza una notte di luna piena, altrimenti il libro non si sarebbe aperto.
E se uno dei lucchetti si era aperto evidentemente era una notte di luna piena.
In fondo però poi appariva tanto semplice quanto ovvio. Un libro che concerne la magia oscura, il principale libro sulla magia oscura e non, non poteva che richiedere un sacrificio di sangue in occasioni particolari per essere aperto.
Però quest'idea del sangue non era molto ben gradita. Tra tutto ciò che era successo la notte precedente 'ammettendo che sia rimasto qui solo una notte' pensò max, doveva averne perso parecchio, e perderne ancora non gli avrebbe giovato.
E poi giudicare dal cielo la luna non sarebbe apparsa per un bel po' visti i nuvoloni neri incombenti.
Così decise di aspettare. Avrebbe aspettato la riapparizione della luna per ferirsi nuovamente, e permettere al libro di aprirsi.
Aveva preventivato di riaprire le ferite sulle mani. Almeno non avrebbe perso troppo sangue.
Più passava il tempo più però si chiedeva come mai di li non fosse passato nessuno. Non era molto in alto, e quella era una zona di passaggio, non frequenta, ma capitava sempre qualcuno.
Quello diventò presto l'ultimo dei suoi pensieri. Una lieve luce bianca lo riscosse dai suoi pensieri: le nuvole che camminavano lente avevaon scoperto metà luna.
Max la guardava come non faceva da un pezzo. Quasi gli spuntò un sorriso.
Ma poi ricordatosi di quello che doveva fare mise una mano in tasca, tirando fuori uno dei piccoli pezzi di vetro delle distrutte fiale d'anfetamina.
Aspettava la piena luna, con un palmo aperto e un pezzo di vetro fra le dita della mano.
Però sembrava che la luna non accennasse a mostrarsi. Le nuvole si muovevano lente lasciandone scoperta solo una metà, e Max iniziava a stancarsi, perdendo la poca voglia di ferirsi rimastagli.
Poi finalmente le nuvole si aprirono lasciando completamente scoperta la luna, non sapeva quanto sarebbe durato viste le nuvole vaganti, quindi decise di fare in fretta.
Molto celermente si fece un'altro taglio sul palmo della mano sinistra, che altrettanto rapidamente iniziò a sanguinare.
Chiuse a pugno la dolorante mano e la portò sopra al lucchetto.
Un solitario rivolo di sangue scorreva lento lungo la mano chiusa, finchè qualche goccia non si staccò da essa e cadde giù. Caddero quasi a rallentatore, con max immobile a guardarle.
Dopo secondi che parvero un'eternità arrivarno al lucchetto, una, due, tre, quattro gocce lo bagnarono.
Ora aspettava.
La mano gocciolava ancora mentre la teneva lungo il fianco, in attesa. In trepidante attesa.
E quasi se lo aspettasse accadde ciò che desiderava.
Non si aspettava chissà cosa, e difatti non accadde quasi nulla. Solo un sonoro 'clack' ed il lucchetto si aprì, in modo così semplice che pareva stupido.
Esitante avvicinò la mano sana al lucchetto, lo sfilò dal suo incastro lasciandolo sull'altare di pietra.
Si avvicinò più che potè al libro, mettendo la mano sana sulla copertina.
La accarezzò dolcemente con gli occhi vuoti: ce l'aveva fatta. Finalmente. Smise di accarezzare la copertina e lentamente l'aprì. Nonostante non fosse leggera non sentiva sforzi: era arrivato alla sua meta, poteva anche morire ormai.
Ma quello che vide li dentro letteralmente lo distrusse.
Vide la prima pagina, che lo allarmò. La seconda ancora di più, la terza, quarta quinta. Le sfogliava febbrilmente una dopo l'altra. Ma erano tutte uguali.
Tutte bianche.
Non una scritta, ne un carattere, ne un glifo.
Su quel libro non c'era nulla.

Ebbene..ecco il capitolo che completa una parte della storia..è corto ma ricco..almeno spero
Ho deciso di dotare una parte della storia di file audio..che magari aiuta a immaginare meglio l'ultima scena, quando arrivate al lettorino cliccate sulla canzone (davy jones'heart, se alla fine poi non fate pausa ricomincia) e proseguite lentamente la lettura..tentando di immaginare.. =)



-15--Fine---

Non voleva credere ai suoi occhi. Non poteva essere vero. Aveva fatto pazzie, ucciso per quel libro. Aveva sacrificato il suo sangue e quello di altri. E non era servito a nulla. Nulla.
Ignorando la spalla tremendamente dolorante si appoggiò con entrambe le mani sul libro, macchiandone una pagina di sangue, ma non gli interessava più ormai.
Era stato tutto inutile. Tutta una presa in giro, una colossale presa in giro. E lui c'era cascato in pieno.
Chiuse gli occhi. Si lasciò accarezzare dal vento che gradualmente aumentava.
Voleva morire. Li, al buio.
Persino la luna s'era coperta con le nuvole per nascondersi a lui.
Tutto si faceva oscuro, sempre di più. A partire da quella nera figura appoggiata sul libro che era Max.
Alla fine decise che avrebbe abbandonato quel posto, una volta per tutte, per arrivare a casa a piedi, se sveniva per strada poco gli interessava ormai.
Fece per staccarsi dal libro e andarsene, ma la cosa risultò impossibile.
Aprì gli occhi e li puntò al buio sul libro, le sue mani, o meglio, la mano ferita pareva incollata e non voleva staccarsi dalla macchia di sangue che aveva creato.
Tirò con tutte le forze che rimanevano, procurandosi non pochi dolori aggiuntivi alla spalla, ma era tutto inutile.
La mano rimaneva li, attaccata da chissà quale strana forza a quel dannato libro.
Tutt'a un tratto la cosa si fece tremendamente seria: il sangue, la macchia del suo sangue stava lentamente svanendo, assorbita dalla pagina.
Questo era il 'meno', poichè più veniva assorbita più si definivano strani glifi e rune su entrambe le pagine, come disegnate da una mano invisibile che usava il suo stesso sangue come inchiostro.
"Oh cristo.."
Furono le uniche parole che gli uscirono dalla bocca, null'altro riusciva a dire.
Continuò a tirare senza pensare al dolore alla spalla che si faceva sempre più forte.
Adesso era davvero spaventato dalla situazione, aveva fatto qualcosa che non doveva, e ora quel qualcosa gli si stava rivoltando contro.
Continuò a guardare spaventato le enormi pagine finchè il suo sangue non fu del tutto riassorbito e i simboli completamente definiti.
Ora si che si spaventò sul serio.
Disegnato attorno alla mano incollata c'era un cerchio, e sotto pareva esserci un pentacolo di cui si intravedevano solo le cinque punte.
Quella non poteva essere una casualità, non era possibile, quelle scritte erano apparse li apposta. Aspettavano solo il suo sangue.
Sudava freddo, tremava, era spaventato e dolorante, ma non sapeva che era a pochi secondi dal peggio, dalla fine.
Come in un orrendo sogno sembrò che le punte del pentacolo presero vita. Ed effettivamente era così!
"Oh porca..non ci credo maledizione, maledizione!!!" Le punte del pentacolo erano vive sul serio, erano uscite dalla pagina e parevano orribili tentacoli 3d color rosso sangue.
Tirava sempre di più ma nulla, solo dolori tremendi alla spalla.
Stava seriamente valutando di staccarsi a morsi il braccio, ma questo pensiero venne bocciato immediatamente da una fitta di dolore persino più grande di quello alla spalla.
Cinque rossi tentacoli si erano piantati in profondità nella sua mano, e a giudicare dal dolore dovevano averla attraversata.
"Oooohhh cristo non e possibile!!!" continuava a gridare, quel dolore si faceva sempre più acuto, sovrastava ogni altro dolore del suo corpo.
Poi, come per chissà quale incantesimo il dolore svanì. Improvvisamente, senza motivo. Non solo il dolore alla mano, ma anche quello alla spalla, ogni dolore del suo corpo pareva sanato.
Due punti imprecisati del suo corpo iniziarono a pizzicare, ma durò pochi secondi.
Poi arrivò il freddo. Non un freddo qualunque, un freddo che pareva mortale, un gelo assoluto. Saliva dalla sua mano, lentamente si arrampicava per il braccio. L'avrebbe ucciso se l'avesse invaso completamente.
Tentò di staccarsi ancora dal libro, ma fu un vano tentativo. Le forze lo stavano rapidamente abbandonando, molto, troppo rapidamente.




Talmente rapidamente che cadde sdraiato sulle pagine maledette, privo d'ogni energia.
Sentiva il gelo che lo invadeva lentamente ed inesorabilmente.
Gli occhi si facevano vuoti. Sempre più vuoti.
Sentiva ogni parte del suo corpo che lo abbandonava. Sentiva la vita scivolargli via come acqua dalle mani.
E poi..Sentiva il suo cuore. Lo sentiva battere chiaramente, un battito che quasi risuonava nell'aria, sempre più lento.
Lo capiva, era ovvio. Stava finendo, lui stava morendo. Guardava nel vuoto con gli occhi lucidi, una lacrima solitaria gli rigava il viso..Nata dal dolore e dalla paura dei suoi occhi..vissuta per un interminabile secondo sul suo viso..Morta cadendo su quel libro maledetto.
"A..Ai..Iu.Tt.."
Non finì mai la frase..
Il suo cuore si era fermato.
 
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The Hush
view post Posted on 4/8/2008, 16:50




-16--Nella Sera---

Fece una lunga pausa dal suo racconto. Guardava la ragazza, le sue parole l'avevano scossa a tal punto da spingerla in un pianto silenzioso.
La testa china sul petto, una mano volta a nascondere il viso con gli occhi colmi di lacrime. Bui singhiozzi scuotevano il suo esile corpo, i lampioni ormai accesi nel buio facevano risplendere la sua pallida pelle.
Non aveva avuto alcuna pietà nel raccontare la storia, non aveva omesso ne un particolare ne un dettaglio, e non veniva scosso dai pianti e dai tremiti della ragazza.
Aspettò finchè le sue lacrime non si arrestarono, si pulì gli occhi lucidi con il dorso della mano e poi parlò:
"Quindi..Quindi lui..Lui è morto così."
Si fermò per dare tempo alle parole di attraversare l'aria e scomparire. Erano così pesanti e dolorose da pronunciare.
"Non..Non posso immaginare la sofferenza."
"No" rispose freddo il ragazzo, come distaccato da ogni emozione e realtà.
"Non puoi capire. La sofferenza del suo corpo, il terrore dei suoi occhi. Non hai idea." proseguì.
La ragazza non sapeva che dire. Guardava il vuoto con gli scuri occhi spenti, privati d'ogni emozione e vita. Lacrime silenziose rotolavano lungo gli zigomi. Non tentò di fermarle.
Solo ora, in quella pausa silenziosa si mise ad osservare il suo interlocutore, più attentamente.
Il suo corpo, la sua altezza, il viso triste e travagliato, gli occhi neri come la notte più buia.
Tutto questo era coperto da un insieme di abiti che più si addicevano a un.. Non sapeva a cosa ricollegarli.
Indossava neri stivali di cuoio, coperti da lunghi pantaloni di velluto altrettanto neri.
In vita portava una sobria cintura nera in pelle con la fibbia dorata ed infilata nei pantaloni una camicia di lino di un blu così scuro che pareva nero.
A completare il tutto un lungo soprabito di spessa pelle nera lo ricopriva dalle spalle sino alle caviglie, con quattro grossi bottoni neri cuciti su un lato e altrettettante asole dall'altro per permetterne la chiusura.
Sicuramente non era un abbigliamento consono a un diciannovenne, lo vedeva più addosso a un signore della guerra o a un capo mafioso.
Ma questo non importava..
Quella storia la stava distruggendo, e sapeva che ancora non era giunta al termine.
Solo allora decise di muoversi da quella posizione che aveva mantenuto per tutto il tempo del racconto, un tempo che pareva interminabile.
Fece qualche passo avanti e indietro pensando, si guardava attorno, ma inesorabilmente ogni volta tornava ad osservare il cantore di quella terribile novella.
Fu allora che notò qualcosa, sull'altro lato della strada seduta su una panchina v'era una piccola figura illuminata dal lampione sopra di lei, anch'essa vestita di nero.
Si avvicinò con cautela alla recinzione in ferro della sua casa e vi si aggrappò lentamente scrutando la piccola figura.
Pareva avere quattordici anni, se non meno.
Era vestita di nero: stretti pantaloni di un tessuto indefinibile che terminavano con un polsino elastico attorno alle esili caviglie, scarpe da ginnastica nere con qualche piccolo dettaglio rosa e a coprire il busto solo un piccolo top che nascondeva un seno appena accennato e si prolungava sino a poco sopra l'ombelico.
Pareva non avere freddo in quella sera ormai inoltrata, il capo chino come se fosse immersa in un sonno profondo, i lunghi capelli sciolti dello stesso blu della camicia del ragazzo brillavano di cupi riflessi.
La cosa che stupiva però era la sua pelle, che se possibile era ancora più bianca della sua, pareva una perla purissima e non un essere umano.
Fece per aprire bocca ma il ragazzo la anticipò
"Per ora non ti è dato sapere chi è, la sua storia arriverà fra non molto"
Chinò la testa sulle sbarre con rassegnazione, non avrebbe ottenuto altro, lo sapeva.
"Allora prosegui" disse amaramente.
Sentiva che una nuova fitta di dolore sarebbe presto riapparsa, portando con se nuove lacrime.


-17--La Morte in Vita---


Non c'era una nuvola.
Il vento si era calmato.
Stelle e luna splendevano nel cielo.
Max giaceva supino con gli occhi chiusi su qualcosa di estremamente duro, con le braccia lungo i fianchi.
Qualcosa però non quadrava, fra lui e il suo rigido giaciglio v'era qualcosa di grosso, morbido e scomodo al tempo stesso.
Fece mente locale finchè aveva gli occhi chiusi, giusto per ricordare ciò che era successo prima di perdere i sensi.
Ripetè fra se e se a mente:
'Ho ucciso cinque uomini..Ho toccato il libro..Sono comparso sopra il mio paese..Il libro sull'altare nel circolo..L'ho aperto e non c'era nulla..L'ho toccato e non mi ha lasciato..E..'
La sua mente si bloccò per alcuni secondi.
...
'E poi mi ha ucciso..'.
Questo pensiero scosse la sua mente come un terremoto avrebbe scosso la terra.
Si alzò di scatto aprendo gli occhi, ritrovandosi seduto sull'altare di pietra, su cui prima era sdraiato.
Come c'era finito li? L'ultimo ricordo che aveva era il gelo che lo invadeva, lui che si accasciava sul libro e chiedeva aiuto, e poi tutto si spense.
Lui doveva essere morto.
Dopo un istante con gli occhi fissi nel vuoto tremante tirò su le braccia per guardarsi le mani.
La verità non tardò ad arrivare, e quando lo fece colpì con la forza di un maglio.
Le sue mani, le sue braccia, la sua pelle non era più rosea e viva. Aveva assunto un coloritò così bianco da sembrare neve.
Le sue unghie erano nere ed appuntite, erano più artigli affilati.
Le sue braccia, gambe, ogni suo muscolo era più tonico e possente, la pelle su di essi e su tutto il suo corpo era tirata quasi a strapparsi.
Portò una mano alla testa..I capelli..I capelli erano lunghi lunghi fin sotto le spalle, ne prese una ciocca e vide che erano neri come il buio più buio.
L'ultima sorpresa che arrivò fu la più sconvolgente.
Scoprì cos'era quella cosa morbida e scomoda che aveva avuto sotto di se.
Ali.
Due enormi ali piumate nere gli spuntavano dalla schiena.
Rimase immobile per quella che parve un'eternità.
Poi come dal nulla una voce si fece strada nella sua mente. Parlava e parlava, dapprima come fosse in lontananza, poi sempre più vicino e chiaramente comprensibile.
Pareva un saggio che decantava una storia a inesistenti ascoltatori:

"C'e chi dice che la morte sia solo un passaggio. C'e chi dice che dopo quel passaggio ci sia una nuova vita in un posto nuovo. C'e chi dice che una volta spenta l'anima si scompare per sempre senza fare ritorno in questo mondo.
Tutti dicono una sola cosa però: la morte è una sola, così come la vita. Essa giunge quando meno lo si aspetta, niente può deciderlo se non il caso e le nostre scelte.
Fandonie.
Pochi conoscono la verità, pochi sono tornati, molti non la sapranno mai perchè per loro il momento non può giungere per oscuri motivi.
Un nuovo essere fu iniziato quella notte alla verità dal demone..
Quel libro millenario conteneva così tanta magia e così tanta malvagità che un'entità demoniaca senziente si era sviluppata al suo interno col passare dei secoli. Aspettava solo un occasione buona, qualcuno che fosse riuscito ad aprire i mistici sigilli posti a protezione del contenuto di quelle pagine.
E finalmente la sua occasione era giunta. Qualcuno aveva sacrificato sangue per lui, fiumi di sangue. Molti massacri del genere vide quel libro nella sua millenaria vita, ma mai uno di essi era stato compiuto da un giovane la cui mente era stata conquistata dalla brama di potere.
Decise quindi di fare un dono a quel ragazzo così promettente, così desideroso di potere. In cambio della sua anima e della sua vita il 'demone' si trasferì nel corpo di colui che aveva sacrificato sangue e vita.
Tutta la magia, la malvagità, l'oscurità di migliaia di anni condensata in un'unica entità si erano trasferiti in un corpo mortale.
Quell'essere senza nome era finalmente libero di vagare per l'eternità sulla terra, imparando giorno per giorno a rivegliare i sopiti poteri, sottomettendo giorno per giorno gli esseri umani, di cui il tiranno presto sarebbe diventato."

Poi com'era venuta si spense.
Era fin troppo chiaro a questo punto. Era diventato un demone. Quelle parole, quella voce apparsa dal niente nella sua mente si riferiva a lui senz'ombra di dubbio.
Quel libro lo aveva 'posseduto'.
Max chinò il capo e socchiuse gli occhi. Cercò di provare una qualunque emozione, ma nulla. Non sentiva nulla.
Portò una mano al petto sulla tuta lacerata in più punti, cercò il cuore da qualche parte, ma non sentiva alcun battito.
Si alzò in piedi sull'altare, spalancò le splendide ali e aprì le braccia urlando.
Qualcosa però in quel grido cambiò. La sua naturale voce parve amplificata e resa dieci volte più potente e cavernosa.
Il grido che proruppe dalla sua bocca fu spaventoso e agghiacciante.
Molte case a valle accesero le luci nel cuore della notte udendo quel terrificante, innaturale grido.
Poi si spense. La sua voce si placò.
Guardò a terra e vide che ai piedi dell'altare giaceva l'enorme libro.
Ora era completamente scritto, almeno le due pagine che poteva vedere. Scese da quel trespolo maledetto, e senza nemmeno pensare al suo peso lo raccolse come avrebbe fatto con un libro qualunque. Stupito di quella nuova forza mise il libro sul blocco di roccia e si guardò le bianche braccia muscolose. Non aveva avuto alcun problema ad alzare un libro pesante quasi 100kg..Chissà quant'altro aveva ancora da scoprire.
Chiuse quelle pagine maledette e le riaprì dalla prima, scrutandole in silenzio.
A quanto pareva solo alcune pagine erano scritte: le prime due, e le due su cui si era poggiato, da cui il demone era entrato in lui uccidendolo.
Si mise a leggere le uniche due pagine che potevano dargli qualche informazione, erano scritte in un lingua incomprensibile, eppure riusciva a leggerla senza problemi.
Dicevano tutto e niente. Le uniche cose utili che cavò fuori da quelle pagine era che poteva tornare alla sua precedente forma umana o ad una qualunque altra in qualsiasi momento, conservando ogni suo potere intatto. Questo però comportava la temporanea sparizione delle ali.
L'unica altra cosa utile letta era il modo di evocare magia e poteri: concentrazione.
Semplicemente doveva concentrarsi su ciò che voleva ed evocarlo tramite il suo corpo.
Il resto erano solo storie e parole vuote che decntavano potenza e immortalità del suo corpo e poteri.
Chiuse il libro. Sarebbe stata l'ultima volta che i suoi occhi si sarebbero poggiati su quella copertina maledetta.
Un'emozione nel frattempo si faceva strada in lui.
Era qualcosa di strano, di potente, rabbioso.
Era odio.
Del più profondo, del più arcaico, verso qualunque cosa e chiunque, quel libro in primis.
Lo prese con entrambe le mani lo alzò, e caricandosi come mai aveva fatto lo scagliò verso il bosco veloce come una meteora.
Nessuno lo avrebbe mai più rivisto..
 
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3 replies since 29/7/2008, 12:22   87 views
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